Overture Piccolo

In Teatro

Presentata la stagione 19/20: Escobar guida un significativo elenco di nomi importanti e, soprattutto, riflessioni sull’altro e sul contemporaneo

2019/2020, si parte. Lo scorso sedici aprile, alla presenza del direttore Sergio Escobar, di Stefano Massini, consulente artistico, e altre personalità di spicco incluso Filippo Del Corno, assessore alla cultura di Milano, il Piccolo ha presentato, in anticipo rispetto agli altri teatri della città, la stagione in arrivo.

Non stiamo qui a elencare numeri e proporzioni, poiché sono già disponibili da qualche giorno e qui non si gioca a fare gli elenchi, ma a considerare una stagione che si prefigura abbastanza interessante, e per diverse ragioni.

Un racconto di cui non si conosce l’arrivo, un sentiero da vivere per scoprire, non per temere. Il senso del teatro, del Piccolo, del suo passato, del suo presente è condividere con voi, nostro pubblico, questo cammino continuo. La “parola” vive sul palcoscenico, nel corpo degli attori, risuona nel profondo di ciascuno di noi, crea un’identità aperta, condivisa. Passione per il presente capace, vivendo la memoria non come chiusura nostalgica, di dare senso al futuro. Ecco il filo che lega le nostre scelte artistiche, la centralità del pubblico. Presente: non solo “tempo”, ma anche “spazio”, luoghi delle differenze a confronto, per costruire una cultura, non arroccata nelle paure delle “diversità” che alimentano cronaca e chiusure quotidiane. Racconti, parole di teatro che arrivano da tante lingue del mondo, che vivono, in palcoscenico, per e con la “platea”.

Sergio Escobar, Direttore Piccolo Teatro

Diverse ragioni, scriviamo. Perché se da un lato le produzioni “endemiche” sono significative e di estrema varietà, sono altrettanto profondi e vigorosi i riflessi di internazionalità che collocano il Piccolo in uno snodo centrale per comprendere cosa è teatro oggi, non solo come foriero di grandi nomi quanto di tendenze, linguaggi, sperimentazioni. Teatro, oggi, significa confronto; poi, certo, Escobar chiama in rassegna nomi di innegabile risonanza, ma la risonanza è una diretta conseguenza dell’impegno e dell’apertura all’altro.

Foto © Masiar Pasquali

Ritorno a Reims, dal libro di Didier Eribon, sarà lo spettacolo che da ottobre segna il debutto di Thomas Ostermeier come regista di una produzione del Piccolo – ci è già venuto due volte, la seconda col Riccardo III del 2017. Il saggio di Eribon, solco profondo nel cuore delle contraddizioni europee, diventa pedana, oggi, per ispirare un ragionamento sull’ascesa dei populismi, una riflessione affidata a un cast in via di definizione – eccezion fatta che per Sonia Bergamasco.

Alla sua prima regia in una produzione Piccolo è anche Roberto Latini, che porta sulle scene Mangiafoco dopo il successo del suo Teatro Comico, che analizza Collodi e Pinocchio da una traiettoria intrattenitiva, teatrale in senso specifico, affidandosi a un cast che comprende se stesso, Elena Bucci, Marco Sgrosso… e se Pinocchio non può che riportare alla mente l’esperimento di Antonio Latella, gravitato da poco al Piccolo, be’, è anche Latella uno dei nomi che ritorna sul Piccolo. Questa volta di mezzo c’è Shakespeare, nel merito Hamleto, personaggio affidato a Federica Rosellini – di ronconiana formazione, un bell’omaggio a cinque anni dalla scomparsa del Maestro.

Ci sono tanti altri grandi nomi tra le produzioni del teatro, inclusi Toni Servillo (voce recitante e spirito di Eternapoli), Emma Dante – che con Misericordia prosegue il felice connubio col teatro iniziato con Bestie di scena, Declan Donnelan, che dopo l’esperienza italiana dell’anno scorso con La tragedia del vendicatore diventa artista residente e dirige un presidio di monitoraggio e formazione su nuovi talenti in vista di uno spettacolo ancora inedito, in debutto nella stagione 20/21.

E sorprende notare come l’attenzione all’internazionalità chiami a sé titoli come Il giardino dei ciliegi diretto dal britannico Simon McBurney e affidato agli attori dell’Internationaal Theater Amsterdam, o le nevi del clown-star Slava Polunin (Slava’s Snowshow), o il farsi di I am a woman. Do you hear me? scritto e diretto da Camelia Ghazali.

Insomma, a voler elencare non si rende giustizia a un programma in cui apertura è sinonimo di qualità, titoli di spessore – perlomeno sulla carta – e riflessioni sulla contemporaneità, che dalle parti del Piccolo, a quanto pare, non riesce a fare a meno del teatro. E come potrebbe fare altrimenti?

 

Foto di copertina © Masiar Pasquali