Musica per disconnettersi

In Musica

Viene dal nord, dal freddo. È mistica ma non necessariamente. Entra in risonanza con le nostre pulsioni più profonde. È un invito alla… disconnessione. Parliamo di musica. Ascetica, e meditativa. Quella, per esempio, di Arvo Pärt e di Alexander Knaifel, due giganti del “minimalismo sacro”

Vivere a un’altra velocità? Battiato ne aveva voglia quando passavano ancora lenti i treni per Tozeur, ed era il 1984. Da allora non c’è giorno senza buoni motivi per pensarci seriamente, a disconnetterci. Uno dei migliori è che, poco fa, un’anima buona, malvagia per Mister Zuck, ci ha informati che quegli angeli di Facebook sono forse riusciti a far votare Trump e pro-Brexit vendendo qualche milione di noi, “profilati” social, a nostra insaputa. Ottantasette milioni, secondo stime aggiornate.

Qualcuno il passo l’ha fatto e molti invitano a farlo, anche dalla Silicon Valley. L’amministratore delegato di Sun Microsystem ha dato le dimissioni via Twitter, però con un Haiku. David Peace e David Mitchell, nomi in alto nella lista dei migliori venti giovani scrittori inglesi, rispondono dall’Europa: “basta correre, è il momento di vivere”. Qualche anno fa, prima del Duemila, un accademico di Francia predisse: “Il nuovo secolo sarà mistico, o non sarà affatto”. Per il momento l’uomo, la società e la politica sono impegnati a dimostrare il lato oscuro della previsione. Ma la musica no.

C’è una musica che sta già suonando le profondità dell’uomo che tutti vorremmo prossimo venturo e che in controluce somiglia tanto al mistico medievale. È musica che viene dal nord, dal freddo e dalle rovine dell’Urss. Un paio di splendidi esempi li potete ascoltare in due album che la Ecm, etichetta baciata da uno speciale istinto per le sfumature, pubblica il 20 aprile: uno raccoglie le quattro Sinfonie di Arvo Pärt (1935), asceta che scrive solo musica sacra ed è diventato modello per la post-avanguardia più coraggiosa; l’altro, Lukomoriye, allinea otto pezzi per voce, coro e pianoforte, in varia combinazione, di Alexander Knaifel (1943), musicista quasi sconosciuto e non meno radicale nell’elogio della meditazione e nella sfida al Tempo.

Pärt è nato ottantatré anni fa a Paide, in Estonia, costretto a emigrare dal muro di odio e di silenzio che gl’innalzò attorno l’apparato sovietico fin dai primi passi; Knaifel è nato settantaquattro anni fa a Tashkent, in Uzbekistan, e da almeno trenta fa musica che procede per moto contrario rispetto a ogni corrente ufficiale, semplice, filiforme, visionaria. Entrambi emergono, non violenti, dalle spire di una dittatura e da terre che nulla avevano da spartire con la Russia dominante.

L’album dedicato a Pärt mette insieme le Sinfonie che il maestro del “minimalismo sacro”, votato a santificare soprattutto la voce, ha composto fino a oggi. Sono molto diverse l’una dall’altra e le prime tre anche in apparente contraddizione con la linea meditativa che ha imposto Pärt al mondo, dalla fine degli anni Novanta a oggi. Più angolose e perentorie le prime tre (1964, 1966, 1971), in proporzioni decrescenti, però, e con lo sguardo rivolto a conquistare la perfezione “moderata” della Quarta (2008). Riascoltarle tutte insieme, rifinite dalla NFM Wroclaw Philharmonic e dirette da Tonu Kaljuste, interprete di Pärt fin dal primo giorno, ha un senso: illumina il percorso lento (cinquant’anni) che la presa di coscienza di una “nuova tonalità” ha preteso da Pärt e dalla contemporaneità. Fino a una Sinfonia dove le pause, i rallentando e i pianissimo “sono” la musica.

L’album dedicato a Knaifel racconta un’altra storia di compositore appartato, misterioso, in una raccolta di pezzi che si sistemano nel tempo pure lungo che va da 1994 al 2009, data finale del brano che dà titolo all’album, Lukomoriye, quattro minuti e trentacinque secondi di un pianoforte sospeso nell’aria. Gli altri sette brani sono alternanze perfette di voce e strumento, di coralità estatica e di pianoforte solo, variate dall’inserimento di due Lieder, uno per soprano e uno per basso. Knaifel merita il viaggio. Il mistero che lo circonda è coltivato anche nell’album: non ci sono testi introduttivi ai brani, che per l’autore evidentemente non hanno bisogno di spiegazioni (ed è così); però tutti sono accompagnati da versi: di preghiere, di Lewis Carroll e di Puskin, anche i brani per pianoforte, come se la poesia della parola evocasse quella della musica.

 

 

Che cos’hanno in comune Arvo Pärt e Alexander Knaifel? Molto, forse tutto: l’ultimo pensiero davanti alla pagina bianca (“Come si può riempire il tempo di note degne del silenzio che le precede?”, Pärt) e il primo sopra ogni cosa: guardare molto indietro per vedere chiaro nel presente. In cui torna prepotente la voglia di vivere a un’altra velocità.

Arvo Pärt Sinfonie (ECM)

Alexander Knaifel Lukomoriye (ECM)

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