La morte di Murat Idrissi: l’Occidente è amaro, e non perdona. Ma spera

In Letteratura

L’Occidente è un sogno, l’Occidente è una amara disillusione. L’Occidente è il luogo del non ritorno: quattro ragazzi, quattro vite cambiate per sempre. Tommy Wieringa affronta il tema del nostro secolo, la migrazione, scegliendo il taglio del romanzo di formazione: sui giovani (quelli che sono andati ma non sono accolti, quelli che vorrebbero andare e muoiono) si consuma una tragedia i cui confini sono ancora tutti da scrivere.

Quando hai la fortuna di nascere in un posto dove il lavoro non manca e il cibo nemmeno, che persona sei se non aiuti chi desidera solo e semplicemente una vita come la tua? Un patto, un sacrificio, un sogno e uno stretto da attraversare: pochi ma complessi sono gli elementi di cui si nutre la narrazione di La morte di Murat Idrissi, pubblicato in ottobre da Iperborea, un romanzo che vive di contraddizioni, che tiene insieme luci e ombre, capace di essere racconto di disperazione e inno di speranza.

Un traghetto da Tangeri ad Algericas, due giovani donne alla ricerca di un’identità e un ragazzo che spera in un futuro diverso: Tommy Wieringa si confronta in modo originale con due temi strettamente interconnessi che sono al centro del dibattito contemporaneo, le speranze di chi sogna un Occidente ricco e inclusivo e la disillusione che lacera chi già l’ha raggiunto. Lo scrittore olandese dà prova di grande abilità nel tenere insieme le tematiche attraverso lo scorrere della narrazione e, soprattutto, nello svelare l’una come il riflesso dell’altra, in un viaggio che dura 2460 km e 126 pagine.

La storia prende vita dalla scelta di due giovani olandesi di origini marocchine, Ilham e Thouraya, di intraprendere un viaggio in Marocco e di trascorre sei settimane in quel paese esotico e affascinante. Immaginato come un raffinato passatempo, motivato da intenzioni tutt’altro che profonde, il soggiorno marocchino cambia volto in seguito all’incontro con due ragazzi del luogo, Saleh e Murat. L’immensa diversità e, al tempo stesso, la profonda somiglianza dei quattro giovani, sono un’occasione per Wieringa per riflettere, pur prestando fede ai toni di vivacità e leggerezza che caratterizzano il romanzo, sulle diverse percezioni dell’Occidente che possono avere due giovani nate in territorio olandese, che ancora portano sul corpo e nei valori famigliari i segni di un retaggio lontano, e due ragazzi marocchini, che vivono nell’illusione stereotipata di un continente in cui tutto è semplice e a portata di mano.

Wieringa sceglie un punto di vista insolito da cui far nascere una riflessione che evita, con eleganza e astuzia, il temibile rischio della banalità. Il segreto del coraggioso romanzo di Wieringa è quello di fare dei giovani i protagonisti assoluti, in tutto e per tutto. Una scelta acuta e cruciale che, oltre a impedire alla narrazione di cedere a facili pietismi, la rende onesta, accattivante e necessariamente autentica.

Nessun commento fuori campo, nessuno sguardo dall’alto, nessuna sentenza morale conclusiva. La tragedia che si consuma fra le pagine del romanzo si mostra al lettore solo grazie alle azioni e alle riflessioni di giovani protagonisti tanto forti e speranzosi quanto ingenui e disperati.

Il senso di sradicamento che lacera i pensieri e le convinzioni delle due giovani le rende irrequiete e fa provare loro un confuso disagio che le porterà fino alla decisione di compiere un gesto che mai avrebbero creduto possibile. Spinte dalle pressioni della madre e dalle sprezzanti parole di Saleh, le giovani si assumono il rischio di accogliere nel bagagliaio della loro auto il taciturno diciannovenne Murat e trasportarlo così oltre lo Stretto.

Descritto da dettagli di poca o nessuna importanza, come la lunghezza delle ciglia o la perfezione dei denti, Murat non parla quasi mai, sono gli altri a parlare per lui.

L’imbarazzo e la paura dinanzi al sacrificio loro richiesto obbliga le ragazze a confrontarsi con il senso di vuoto che le circonda, straniere nella loro terra d’origine e di accoglienza, divise fra un naturale attaccamento alle piacevoli comodità del mondo occidentale che le ospita e un sommesso ricordo del Marocco, lontano ma ancora vivo.
Senza eccessi retorici e avvalendosi di parole semplici e di uno sguardo lucido e pungente, Wieringa restituisce con eccellente sapienza il complesso ed eterogeneo panorama di emozioni che si susseguono negli animi di Ilham e Thouraya, divise fra un irrefrenabile senso di colpa per la fortuna che è loro toccata in sorte e una tacita constatazione di superiorità che non possono nascondere di fronte a Murat e Saleh.

Come suggerisce il titolo, il sacrificio è vano e il sogno di Murat non si avvera. Wieringa racconta la morte di Murat avvalendosi del solo olfatto. La vista sparisce insieme agli altri sensi: il corpo di Murat viene tenuto a distanza. La descrizione della morte rimane in superficie, resta relegata alla descrizione dello sgradevole olezzo che emana. La morte di Murat viene definita “contagiosa”, aggettivo che nasconde in sé un sottile riferimento alle migliaia di giovani che ogni giorno concludono allo stesso modo di Murat il loro viaggio verso l’Europa. La scelta di partire, da cui dipende la morte di un giovane diciannovenne, è vissuta e raccontata nel romanzo come una bravata consumata fra ragazzi, come uno scherzo. Come scudo per allontanare l’inaffrontabile confronto con la tragedia, Saleh non può fare a meno di scherzare, di ridere, di sbeffeggiare e di banalizzare il rischio.

Quello di Wieringa è un romanzo che, raccontando la storia di quattro giovani, allude a migliaia di altre storie, a migliaia di altre giovani vite umane. L’ambizione esemplare del romanzo di Wieringa si riflette nel tono mitico che avvolge sia la digressione introduttiva che la conclusone del romanzo. Si apre con uno Stretto, scosso da una forte corrente, lungo solo 14 km nel punto più sottile, attraversato nel corso della storia dai berberi, dai mercanti inglesi, da Napoleone, punto di affondo dei sottomarini della Seconda Guerra Mondale, luogo di morte di Murat e si chiude con Ilham e Thouraya che osservano la rapida scomparsa del suo cadavere nella distesa sconfinata dell’altopiano della Meseta.

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