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In Letteratura

“Volevo fare la carmelitana scalza ma mi hanno scambiato per un pesce d’aprile”, piccola guida alla riscoperta dell’umanità di Lucia Cosmetico

Non esiste il genere “libri che fanno bene” ma, se esistesse, la seconda prova letteraria di Lucia Cosmetico, Volevo fare la carmelitana scalza ma mi hanno scambiato per un pesce d’aprile (edizioni Emi) starebbe sicuramente lì.

Per capirci, un “libro che fa bene” è un libro che non fa sorridere come un libro divertente, che solo porta un po’ d’aria fresca nei giorni uguali e poi se ne va; neppure cala soltanto l’amo nei nostri angoli oscuri per farceli conoscere, che sarebbe la categoria dei ‘libri profondi’ (e alcuni dicono anche dei “libri pesanti”), e non si limita neanche a dare delle strizzate ai buoni sentimenti o a far ballare l’intelligenza. Ma parla contemporaneamente tutte quattro queste lingue, per farle agire direttamente nel cuore con un effetto di gioia che ha il potere di migliorare la vita, deviarla su nuove strade o e darle un’ossatura di speranza.

Triestina di nascita e romana di adozione, la giornalista e scrittrice Lucia Cosmetico, dopo il precedente Elogio dell’incertezza ci delizia infatti con una sorta di diario che si trasforma in una guida, praticabile, di riscoperta dell’umanità. Tutto inizia da un episodio privato: la sospetta vocazione monacale che viene comunicata al convento il 1° d’aprile e viene scambiata per una burla; continua con una domanda di genere: se per una donna esistano solo tre possibilità di realizzazione e domicilio, ovvero casa condivisa con coniuge, zitella in un monolocale, oppure ritiro dal mondo in convento – domanda che l’autrice si pone dopo essere approdata nella capitale a cacciar sogni da conduttrice radiofonica e aver realizzato una perfetta carriera da single ostinatamente precaria -, e dirompe poi in una sorta di viaggio iniziatico universale e di fidanzamento con un’intera città.

Molti degli episodi raccolti nel libro nascono dal suo blog, le Cosmeticomiche, e sono grosso modo disposti per cerchi concentrici, che corrispondono ad un respiro sempre più libero e spericolato della protagonista immersa nel mondo urbano capitolino, come venissero via via slacciate successive cinture di sicurezza. Ecco allora le prove di condivisione di un appartamento con una varietà umana di coinquilini, a sua volta posto dentro un condominio che diventa un esperimento di comunità; i lunghi viaggi sui mezzi pubblici che diventano viaggi dentro frammenti di vite che appoggiano le guance assonnate sugli stessi finestrini, e infine l’apertura ai parchi, alle strade, ai locali, tra una visita dall’omeopata e un appuntamento di lavoro, un concerto e un ritornello che resta impigliato nella mente e tra i rami dei pini marittimi dei cieli enormi della città eterna: e il tutto tenuto ad alta concentrazione di buon umore e di sano umorismo.

Le strade percorse divengono arterie interiori che danno accesso ad un capitale umano che potrebbe renderci più ricchi di quello del denaro e si diramano in una reale conciliazione con il quotidiano e con la bellezza che c’è – e ce n’è nella vita di ognuno – a discapito di quella che manca.

Un elogio del tempo guadagnato perdendolo ad ascoltare le voci casuali che la vita ci mette accanto e che allargano il nostro grandangolo sul mondo, e proporzionalmente diminuiscono gli strali del nostro pregiudicare. Le guide spirituali dell’autrice sono, d’altro canto, niente meno che Etty Hillesum, Simone Weil e Edith Stein, tre grandi figure borderline tra la lotta per un mondo migliore di qua e l’immersione nel misticismo. C’è anche in questo nostro tempo, di crisi si usa dire, un’alternativa al cinismo, al lamento che si tramuta in rabbia indifferenziata e all’individualismo, pare dirci con questo libro la Cosmetico: c’è la possibilità di un diverso co-abitare e con-vivere che tocca il cuore. E ci convince e ci contagia.

“Volevo fare la carmelitana scalza ma mi hanno scambiata per un pesce d’aprile” di Lucia Cosmetico (EMI, pp. 176, 15 euro)

Foto di Bruno