In cerca dell’ideale di Europa unita

In Teatro

CadoganHall

Dal Franco Parenti di Milano partirà la tournée europea di Looking for Europe. La sommossa culturale di Bernard-Henri Lévy. Noi iniziamo a parlarne

Mancano cinque minuti allo scoccare di mezzanotte. Sembra riecheggiare uno dei versi più famosi della letteratura inglese, ma non si tratta di Marlowe, piuttosto del refrain più ripetuto da Bernard-Henri Lévy quando parla del suo nuovo spettacolo Looking for Europe, diretto da Maria de França, con le musiche di Nicolas Ker, scene di Vincent Darré e prodotto da La règle de jeu e Quartier libre. La tournée europea partirà il 5 marzo dal Teatro Franco Parenti di Milano media partner La Stampa – e si concluderà il 20 maggio a Parigi presso il Théâtre Antoine. Pochi giorni prima delle attese elezioni europee.

Il filosofo francese aveva già portato sulle scene Hôtel Europe e a giugno alla Cadogan Hall di Londra Last Exit before Brexit per cercare di persuadere i cittadini britannici (ma non solo) a rifiutare e/o confutare il pensiero secondo cui l’uscita dall’Europa sarebbe una buona idea. Non tutta la stampa anglosassone è stata tenera con Lévy e a proposito della presenza «di uno degli intellettuali più belli» nello spazio teatrale di via Pier Lombardo, l’istrionica Andrée Ruth Shammah ha parlato di avvenimento. Una sommossa culturale che ha spinto una schiera di intellettuali, giornalisti, personalità varie bene informate a scendere in campo e «a scrivere per dire che cosa Lévy avrebbe dovuto dire su Milano». Come se non fosse poi così ovvio.

Perché partire da Milano? Per quello «sguardo presbite, definizione di spadoliniana memoria – ricorda il direttore del quotidiano La Stampa, Maurizio Molinari – calzante per una città come Milano per la sua vocazione storica a guardare avanti e lontano». Bernard-Henry Lévy parla piuttosto dell’affetto che molti intellettuali ebbero per Milano, a partire da Stendhal. L’atto teatrale e politico di Lévy ad ogni modo farà ritorno in Italia, a Roma, il 24 aprile. Looking for Europe è incluso nella programmazione del Teatro Sala Umberto.

Secondo il filosofo francese l’Europa è l’ultima bella utopia per “i nostri giovani”, «attaccata da Trump e Putin, con l’avanzata commerciale della Cina e quella ideologica della Turchia». L’Europa è dominata da uno stato di pigrizia e da nemici interni tra cui i fautori stessi del sogno europeo perché disillusi, scoraggiati.  «Da cinquant’anni abbiamo creduto che l’Europa si sarebbe fatta in maniera meccanica e automatica – specifica Lévy – abbiamo creduto che ci saremmo potuti accomodare nei sedili posteriori del treno. Anche dormire. L’Europa non si fa da sé (neanche l’Italia si fa da sé) – Le cose non si fanno mai da sé – poi aggiunge – Non c’è un senso della storia, sono gli uomini che fanno la storia».

Il pericolo dell’Europa è il trionfo dei nazionalismi, del populismo. Come il lupo di Cappuccetto Rosso «il populismo si mostra sorridente, ma è per mangiarvi meglio – tuona Lévy con il suo fare teatro – c’è l’ala lepenista dei gilet gialli. Rispondo ai Salvini, agli Orban e a tutto ciò che distrugge il popolo».

Si conoscono le simpatie di Bernard-Henry Lévy per «il Macron italiano, Matteo Renzi, uomo di Stato meritevole di aver citato Dante, Macchiavelli e Goethe». In Looking for Europe, l’intellettuale francese si confronterà con fantasmi ed ospiti. Alcuni a sorpresa. Ci saranno le luminose ombre di Leopardi, Tiziano, Pasolini e Moravia. «Saranno svelati risvolti interessanti del passaggio del premier Giuseppe Conte alla Sorbona, parlerò di Salvini e Di Maio, renderò omaggio – asserisce Lévy – al manifesto europeo di Carlo Calenda e al sindaco di Milano, Giuseppe Sala».

Sarà commemorato lo scrittore Amos Oz che apparirà sulla scena in veste di «fantasma gentile e sconvolgente». L’unico riferimento a Israele che Lévy concede intervistato a riguardo «perché l’antisemitismo è un problema degli antisemiti. L’antisemitismo è una malattia e io non sono medico. Israele ha gli stessi problemi di Italia e Francia. In Israele ci sono populisti e forze che si oppongono ad essi».

Il testo di Looking for Europe sarà di volta in volta adattato alla situazione socio-politico culturale del Paese in cui si troverà ospite. Così il 12 aprile a Danzica sarà commemorato nel corso dello spettacolo il primo cittadino morto accoltellato, Pawel Adamowicz.

Tra gli ospiti annunciati a Milano e proposti per Looking for Europe compare il nome dell’archistar Stefano Boeri «sempre che Lévy accetti»,  specifica la direttrice del Teatro Franco Parenti.

A chi domanda se il rischio non sia quello di un atto teatrale autoreferenziale, elitario e radical – chic, Lévy risponde tempestivo: «le élite hanno sempre fatto parte della comunità, del popolo e della Repubblica. La demonizzazione delle élite è un male della Repubblica. In un vero popolo ci sono tante persone tra cui artisti, scrittori, gattopardi, avvocati-industriali». Il teatro è un luogo vivo. Una forma di agorà dove ancora potersi confrontare.  «Spererei che ci fosse anche chi non è d’accordo – conferma Andrée Ruth Shammah, pungolata nel vivo da definizioni che spesso si sente ripetere – Il teatro è un luogo di dibattito di idee». Nel frattempo c’è la possibilità previa registrazione per tutti i cittadini di partecipare all’iniziativa promossa da La Stampa.  È possibile, infatti, girare e inviare un video di un minuto che risponda alla domanda “ Come l’Europa influenza la tua vita quotidiana ” (per info. www.lastampa.it/lookingforeurope ). Alcuni dei filmati saranno selezionati per essere proiettati durante la prima milanese e commentati da Lévy.

Un’occasione per dire la propria sul ruolo dell’Europa, centrale nella sua posizione geo-politica, prima che venda l’anima al diavolo. Si sentono presagi di rintocchi di campane. «Mancano cinque minuti allo scoccare di mezzanotte».

 

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