Sol LeWitt, l’architettura interiore dell’arte

In Arte

Nel decennale della scomparsa di Sol LeWitt la Fondazione Carriero di Milano presenta Between the Lines, mostra a cura di Francesco Stocchi e Rem Koolhaas realizzata con l’Estate of Sol LeWitt, che esplora la relazione tra il lavoro dell’artista e l’architettura

Le opinioni, anche autorevoli, sono discordanti. Sol (Solomon) Liùit? Levìtt? O, come dice la voce di Google, Léuitt? E Rem (Remment) Kùlas? Kulàs? O Koolas (con le due o in fila)? È già una sciarada di per sé l’accoppiata tra Sol LeWitt e Rem Koolhaas, l’Artista e l’Architetto, la cui soluzione ci mostra i termini della questione centrale del rapporto tra arti visive e architettura.

È infatti questo il tema che caratterizza la ricerca artistica di Sol LeWitt ed è alla base del progetto della mostra Between the Lines, curata, per celebrarne il decennale della scomparsa, dallo stesso Koolhaas e da Francesco Stocchi, resident curator della Fondazione Carriero di Milano che ha prodotto e ospita l’esposizione. L’ottimo Stocchi, di cui ricordiamo la mostra Pascali Sciamano sempre alla Fondazione Carriero, ha invitato questa volta a dialogare con lui il celeberrimo architetto, urbanista e saggista olandese che, per l’occasione, veste i panni del curatore.

Sol LeWitt, Wall Drawing #1267: Scribbles, 2010, foto di Agostino Osio

La mostra è estremamente interessante, ricca di spunti di riflessione e non priva di scorci di rara bellezza. Sol LeWitt sapeva coniugare l’approccio concettuale, di cui è stato pioniere, a un lavoro grafico il cui risultato finale è affidato all’altrui mano e quindi secondario all’ideazione, ma proprio per questo perfettamente coerente e carico di pathos.

I Wall Drawing in mostra sono stati eseguiti con maestria certosina, attenendosi fedelmente alle indicazioni lasciate dall’artista che ha spiegato cosa, dove e soprattutto come fare. Questo procedimento, all’apparenza freddo e slegato dal fare artistico, è in realtà la base del monumento all’Idea dell’Artista, vero soggetto di ogni grande opera d’arte del passato e del presente.

Sol LeWitt, Open Cube / Corner Piece, 1965, foto di Agostino Osio

Dalle linee scolasticamente incrociate alle fittissime trame di segni irregolari e perfetti, ogni angolo dello spazio espositivo diventa un’esperienza coinvolgente, che regala la percezione di essere dentro all’opera e mai solo passivamente di fronte. È in questo che LeWitt va oltre al concetto di site-specific: la mostra diventa opera totale, e non contenitore di opere, attraverso l’applicazione di regole slegate dal singolo contesto espositivo. È arte che si fa architettura che si fa arte, ammesso che la frattura tra le due esista veramente.

A voler trovare dei difetti, in Between the Lines fin troppo nutrito, seppur utile e interessante, è sembrato il carico di opere nell’insieme, soprattutto per la parte più storica e per le fotografie a parete, così come un po’ azzardati appaiono alcuni interventi imputabili alla co-curante archistar.

Sol LeWitt, Wall Drawing #123A: The first drafter draws a not straight vertical line as long as possible. The second drafter draws a line next to the first one, trying to copy it. The third drafter does the same, as do as many drafters as possible. Then the first drafter, followed by the others, copies the last line drawn until both ends of the wall are reached, 1991, foto di Agostino Osio

 

Ma nonostante alcune distrazioni, il percorso in mostra è ottimamente costruito e permette di entrare nel mondo ordinato e imprevedibile di Sol LeWitt, fatto di segni di grafite e titoli che sono già opera. Di fronte a Wall Drawing #1267: Scribbles si rimane affascinati come di fronte a un Turner o a un Rotchko, catturati dalla sfumatura luminosa che emerge dalla foresta di segni, densi ai lati fino a citare le tenebre.

Le bianche Structures appoggiate, appese al soffitto o a parete così come i gessosi segni blu di Wall Drawing #51: All architectural points connected by straight lines ridefiniscono le coordinate spaziali del luogo e dello spettatore che lo occupa. Wall Drawing #46: Vertical Lines, not straight, not touching, uniformly dispersed with maximum density, covering the entire surface of the wall, occupando la parete che sale fino all’ultimo piano attraverso l’intercapedine delle scale, permette di “scalare” l’opera un pianerottolo dopo l’altro, raggiungendone con soddisfazione la vetta.

Sol LeWitt, sullo sfondo Wall Drawing #1104: All combinations of lines in four directions. Lines do not have to be drawn straight (with a ruler), 2003, di fronte 8x8x1, 1989, foto di Agostino Osi

È dunque un viaggio, più che una visita, quello che si sperimenta “tra le righe” di questa mostra, in cui si comprende come sia possibile muoversi con disinvoltura tra il concettuale più estremo e l’opera grafica di altissima qualità, senza dover necessariamente chiudersi in categorie predefinite e senza dover rinunciare al linguaggio più poetico e avvolgente che è da sempre prerogativa della migliore espressione artistica.

 

Sol LeWitt, Between the Lines, a cura di Francesco Stocchi e Rem Koolhaas, Milano, Fondazione Carriero, fino al 24 giugno 2018

Immagine di copertina: Sol LeWitt, Wall Drawing #263: A wall divided into 16 equal parts with all one-, two-, three-, four- part combinations of lines in four directions, 1975, foto di Agostino Osio

 

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