Il nuovo mistero di Joël Dicker

In Letteratura

Joël Dicker torna al thriller con “La scomparsa di Stephanie Mailer”

Joël Dicker è già noto al pubblico italiano per il best seller La verità sul caso Harry Quebert (2012), un fiction-noir di grande successo, tradotto in trentatré lingue e vincitore del Grand Prix du roman de l’Académie française: decine di migliaia le copie vendute e insistenti le richieste dei fan per venderne presto una trasposizione cinematografica. Tre anni più tardi esce Il libro dei Baltimore (2015), spin-off del precedente, ma di altro genere. Entrambi i libri hanno come protagonista Marcus Goldman, ma se nel primo caso vediamo Goldman alle prese con un intricato mistero da risolvere, nel secondo il protagonista si dedica alla ricerca delle sue radici famigliari. Con La scomparsa di Stephanie Mailer, da poco uscito per i tipi de La nave di Teseo, Dicker torna alle origini e ripropone un thriller-noir avvincente, che vede i suoi (numerosi) personaggi dover fare i conti con un passato lontano, ma con cui non è ancora possibile chiudere.

Orphea, Stati Uniti, luglio 1994. Il giorno dell’inaugurazione dell’atteso primo festival teatrale viene scoperto un quadruplice omicidio: una giovane donna, Meghan Paladin, il sindaco Gordon, sua moglie e suo figlio vengono trovati in un lago di sangue da Samuel Paladin, marito di Meghan. Due giovani investigatori – Derek Scott e Jesse Rosemberg – si occupano delle indagini riuscendo ad acciuffare il colpevole e a chiudere il caso. Vent’anni più tardi, però, Jesse, ormai prossimo al pensionamento, riceve la visita della giovane giornalista Stephanie Mailer che lo accusa di non aver analizzato bene tutti gli indizi e che la reale soluzione, pur essendo sotto gli occhi di tutti, non era stata individuata. Jesse sembra voler soprassedere alle affermazioni della giovane, ma quando il cadavere di lei viene trovato sulla riva del fiume, l’indagine viene riaperta…

Nelle sue settecentodieci pagine, Dicker intreccia l’indagine del quadruplice omicidio con le vicende di vita dei personaggi. La costruzione della trama riesce a coinvolge sapientemente il lettore nel romanzo, giocando sulla sua curiosità di scoprire che cosa la piccola cittadina americana e i suoi abitanti nascondano. Il numero delle pagine, pertanto, non deve trarre in inganno: se all’apparenza questo libro può essere considerato un “mattone”, già dopo i primi avvenimenti ci si renderà conto di far fatica a staccarsi dalla lettura:

             «Adesso abbiamo la possibilità di rimediare, Derek»

«Non c’è niente cui si possa rimediare, Jesse. […] è da vent’anni che Natasha se n’è andata […]. A volte ho la sensazione che tu stia aspettando che ritorni».

A che cosa è possibile rimediare? Chi è Natasha? Queste le domande che il lettore è spinto a porsi e che ne tengono sempre molto alta l’attenzione, appunto.

Non si può dire che questo libro abbia un solo protagonista, come, invece, accadeva per La verità sul caso Harry Quebert: tutti i personaggi contribuiscono a dar vita alla vicenda, esternando qualità o difetti che li caratterizzano e che li rendono unici e indispensabili al fine della narrazione: c’è la vicecomandante della polizia Anna Kanner, indispensabile per la soluzione dell’intricato enigma poliziesco, in fuga da un matrimonio perfetto sulla carta, ma in cui non si sente libera di esprimere se stessa; Dakota Eden, adolescente ribelle, che deve fare i conti con un atto imperdonabile del suo, seppur breve, passato; Steven Bergdorf, direttore di un’importante giornale di New York, incastrato in una relazione amorosa clandestina che minaccia di far fallire il suo matrimonio; Michael Bird, direttore della rivista locale Orphea Chronicle, uomo apparentemente integerrimo, con una bella e felice famiglia, ma che nasconde tormentanti segreti. Questi solo alcuni, ma ancora molti sono i nostri protagonisti. È stato rilevato che l’alto numero di personaggi coinvolti possa in qualche modo disorientare il lettore, facendogli perdere la bussola durante la lettura: è vero che, essendo appunto il racconto molto lungo e numerosi gli attori in scena, si abbia spesso la sensazione di dimenticare alcuni particolari, ma questo non preclude la possibilità di essere comunque sempre consci della vicenda principale e dei suoi sviluppi.

Il tema del passato è fondamentale: numerosissimi i flashback inseriti, che addirittura interessano interi capitoli. Essi costringono il lettore a continui salti temporali durante la lettura, ma per questo non costituiscono un aspetto limitante o inopportuno, proprio perché grazie ad essi, la curiosità viene stimolata e, alla fine, soddisfatta:

«Agosto 1994. La nostra indagine segnava il passo: non avevamo né un movente né un indiziato. […]».

Fondamentale, però, è anche il passato dei personaggi, che riecheggia nel presente. Dicker afferma di affidarsi spesso al passato, dal momento che:

«Il passato è l’insieme degli elementi costitutivi di un personaggio. Un personaggio esiste nel presente di un libro perché è esistito prima, o ha vissuto esperienze che l’hanno formato».

La vicenda nasce dalla fantasia dell’autore: in un’intervista per il blog Minima&Moralia, Dicker ha affermato di non farsi troppe domande durante la stesura del suo racconto, ma di lasciarsi guidare da un’idea che fa scaturire la vicenda, che piano piano viene assorbita dalla narrazione, ma comunque resta la sorgente dell’intera vicenda dei suoi romanzi. Come accadeva per il romanzo del 2012, ancora una volta il nostro autore sceglie gli Stati Uniti come location per ambientare il suo libro. In merito a questo, Dicker ha confessato essere una scelta dovuta al fatto di non voler confondere l’io del romanzo con la sua persona: non si tratta di romanzi autobiografici e nessun particolare trae ispirazione da esperienze vissute precedentemente dall’autore. Semplicemente, la scelta del luogo di ambientazione è dovuta alla libertà narrativa che l’autore avverte, pur essendo sempre attento a mantenere credibilità e realtà nel raccontare:

«Spero un giorno di riuscire ad acquisire la stessa libertà romanzesca ambientando la storia in Svizzera. Sarebbe una tappa importante per me come autore».

In conclusione, allora, si può dire che Dicker crea un’opera che rientra a pieno titolo nella categoria di giallo, senza però rinunciare a un’attenta analisi della psicologia umana. Dicker non ha nulla da invidiare ai grandi e intramontabili grandi autori del genere giallo, come Agatha Christie o Arthur Conan Doyle. La suspense, gli intrighi, i colpi di scena: tutto al suo posto per tenere il lettore con il fiato sospeso. Non resta, allora, che scoprire che cosa sia questa notte buia e come si riesca ad arrivare all’alba e risolvere l’intricato mistero.