La musica che gira intorno / 51

In Musica

pop, rock, blues, hip hop, desert blues, reggae, folk, elettronica, jazz, classica: i nuovi album, le ristampe, gli eventi musicali significativi

L’APPUNTAMENTO
Il pianista Roberto Cappello esegue musiche di Liszt e Beethoven lunedì 8 gennaio, alle 20.30, al Conservatorio Giuseppe Verdi.

 

POP & ROCK
Fabrizio Poggi – Sonny & Brownie’s last train/ Baby please don’t go/ Out of the woods
La notizia è di quelle che fanno chiudere bene l’annata musicale: il nostro Fabrizio Poggi di Voghera, classe 1958 e oltre venti album all’attivo, «armonicista straordinario» (l’elogio è del blues brother Dan Aykroyd), è tra i cinque finalisti ai Grammy Awards per il miglior album di blues tradizionale con l’ottimo Sonny & Brownie’s last train (****), inciso assieme al chitarrista e cantante newyorchese Guy Davis per rendere omaggio a due giganti della “musica del diavolo”, Sonny Terry e Brownie McGhee. Il 28 gennaio, al Madison Square Garden, Poggi & Davis sfideranno Rolling Stones, Eric Bibb, Elvin Bishop e R. L. Boyce. Complimenti e auguri, faccio il tifo per lui.

 

N. E. R. D. – Deep down body thurst/ Voila/ 1000/ Don’t don’t do it!/ ESP
«Con Trump presidente l’arte acquista un impegno civile più grande. Quando creo, voglio dare tutto alle cause in cui credo. La verità vi renderà liberi. Ma prima, vi farà girare le scatole». Così parlò Pharrell Williams, 44 anni, re Mida dell’hip hop americano, una carriera solista incontenibile, dieci Grammy e due nomination agli Oscar (una per il super-tormentone Happy). Al ComplexCon, il festival losangelino che in novembre aveva accolto trionfalmente il trio N. E. R.D., inattivo da sette anni, Williams era stato anche più esplicito: «La nostra musica è per voi, lo è sempre stata. Ma lo è ancora di più quando è tempo di combattere. Noi non siamo schiavi. Lo capite o no che è il momento di reagire?» Combattivo ma anche rigoglioso ed eccitante, fluido e sfaccettato, complesso e carico di energia è dunque l’album del ritorno No_one ever really dies (****). Che tra scariche di basso e impennate elettriche, hip hop furente e ironici imprestiti di bossa nova e reggae, voci deragliate e voglie di funk, techno-jazz e mille altri ingredienti frullati con sapienza, parla di temi che scottano, ingiustizie sociali, razzismo, emarginazione. Come la brutale 1000. Come Don’t don’t do it! con il grande Kendrick Lamar che ricorda l’uccisione di Keith Lamont Scott a Charlotte nel North Carolina, con quattro colpi di pistola esplosi dai poliziotti. «Questo è un disco che attraverso l’elettricità, la moda, il ballo tenta di portare via i giovani dall’anestesia odierna». Rihanna, Gucci Mane, André 3000 e il viso pallido Ed Sheeran fra gli ospiti.



 

Charlotte Gainsbourg – Ring-a-ring o’roses/ Lying with you/ Kate/ Deadly Valentine/ Rest / Songbird in a cage
Chissà perché il marchio di fabbrica delle cantanti francesi è il sussurro: sussurrava aux temps jadis Françoise Hardy, sussurra Carlà, esala un filo di voce anche Charlotte Gainsbourg, talentuosa figlia crossmediale di ingombrantissimo padre, al modo della madre Jane Birkin. Al quinto album dopo un lungo periodo dedicato soprattutto al cinema, Charlotte si scrive i testi di Rest (****) facendosi aiutare per le musiche da SebastIan, già sentito al lavoro con Frank Ocean, e per la titletrack dalla metà dei Daft Punk, Guy-Manuel De Homem-Christo, mentre un altro brano (Songbird in a cage) è gentilmente offerto dal vecchio leone Paul McCartney. Ne scaturisce un album di elettronica lieve e “francese”, con atmosfere eighties di goticità smorzata, ricordi dolorosi (il padre di Lying with you, la sorella suicida di Kate), e una sofisticata, notturna sensualità. Tenue ma persistente come i profumi che vorremmo sentire più spesso.



 

TootArd – Laissez passer/ Musiqa/ Oya marhaba/ Syrian blues
Laissez-passer ovvero lasciapassare. La band TootArd del chitarrista e cantante Hasan Nakhleh sta in un paesino sulle alture del Golan, territorio siriano che Israele occupa dal 1967. Sul loro lasciapassare c’è scritto “nazionalità imprecisata”. Non ancora cittadini di Israele, non più siriani. Apolidi. Un handicap? Non sembrerebbe, ad ascoltare la musica di Laissez passer (***1/2). Che è contaminata, estroversa e contagiosa. Che profuma di Medio Oriente, Africa, desert blues e anche un po’ di Balcani e di Giamaica. Ed è, ovviamente, assai ballabile. Niente male per un gruppo che si definisce «una band reggae rock di montagna» e ha afferrato il lato giusto della globalizzazione.


 

Liam Gallagher – Wall of glass/ Bold/ For what it’s worth/ When I’m in need/ You better run
Noel Gallagher – Holy mountain/ Keep on reaching/ She taught me how to fly/ Be careful with what you wish
Dischi separati per i fratelli coltelli Liam e Noel Gallagher, che un tempo erano gli Oasis. Nell’apprezzamento dei critici vince Noel, il buono, contro il teppista Liam, ma io non sono così sicuro. Liam era la voce degli Oasis e si sente ancora: As you were (***1/2) è un album onesto e viscerale, senza fronzoli, che sbaglia pochissimo nei pezzi più tirati e nelle ballatone da britpop che un po’ rimpiangevo. Viceversa Noel con i suoi High Flying Birds sembra voler guardare oltre gli Oasis e in Who built the moon? (***) si perde in un guazzabuglio di elettronica mal governata, di tentativi soul, di ammiccamenti glam, al punto che le cose più riuscite (Be careful with what you wish) rimandano all’eredità beatlesiana degli Oasis. Vuoi vedere che le gerarchie di valore, in famiglia, si sono rovesciate?





 

Tre Martelli – Dotor s’al entra an camera/ Baron Litron/ Scottish & Perigurdino/ O Venezia/ Prinsi Raimond
Festeggia i quarant’anni di attività con l’eccellente raccolta 40 gir 1977-2017 (****) l’ ensemble folk alessandrino Tre Martelli, che in realtà è un sestetto. Apprezzati anche in Francia e in Inghilterra, i Tre Martelli hanno in repertorio brani strumentali da danza, ballate narrative (la tradizione piemontese, antologizzata nell’800 da Costantino Nigra, è tra le più cospicue d’Italia, forse d’Europa) e classici della tradizione popolare come la stupenda O Venezia. Ho da anni assai caro il revival folk piemontese e occitano (La Ciapa Rusa, Ariondela, La Lionetta, Cantovivo, Franca Orengo, I Suonatori delle Quattro Province, l’Ensemble del Doppio Bordone,Troubaires de Comboscouro). Di questo revival rigoglioso e ammaliante I Tre Martelli sono fra i maggiori esponenti. Applausi.



 

MUSICHE RITROVATE
Penguin Cafe Orchestra – Scherzo and trio/ Lifeboat (Lovers rock)/ Cage dead/ Discover America/ Pythagoras on the line/ Passing through
Torna in circolazione su vinile Union Cafe (****1/2), album datato 1993 e capolavoro della Penguin Cafe Orchestra. Venticinque anni fa, quando apparve, fu l’unico disco della formazione pubblicato soltanto in cd: troppo lungo, un’ora e tredici minuti, per essere riversato su un “padellone”. Era una sintesi matura della musica “inattuale” pensata e realizzata da Simon Jeffes (1949-1997), studente di chitarra classica alla Royal Academy e poi arrangiatore nel giro del progressive più raffinato e sghembo, gentilmente lunatico e surrealista: il Canterbury Sound dei Soft Machine, dei Caravan e del geniale Kevin Ayers, quello di Joy of a toy e Pisser dans un violon. Una world music visionaria suonata in un locale immaginario popolato da pinguini antropomorfi, che fondeva musica rinascimentale e barocca, temi etnici e suggestioni minimaliste. Un “folk da camera” per piccola orchestra (la Penguin ebbe un organico oscillante fra i dieci e i dodici elementi) elegante e svagato, ironico e con una punta di malinconia. Che usava il ragtime (Scherzo and trio: chi guarda la tv dovrebbe riconoscerlo, è la sigla di Le storie su Rai3), la giga (Passing through), gli standard folk (il sontuoso Discover America), gli esperimenti di musica aleatoria (Cage dead, composto usando le quattro lettere-note di “Cage”) ma anche le sonorità concrete di un segnalino telefonico e dell’acqua che sgocciola in un lavandino. Avviso ai naviganti: su YouTube Union Cafe si trova in versione integrale, buon ascolto.





 

JAZZ
Anouar Brahem – La nuit/ Blue maqams/ Bahia/ La passante
Trent’anni di sodalizio con la Ecm, l’etichetta tedesca di Manfred Eicher che ha creato come poche altre il nostro panorama sonoro (Keith Jarrett, Jan Garbarek, John Abercrombie, Paul Bley, fra i tantissimi). Li festeggia Anouar Brahem, virtuoso tunisino di oud, il liuto della tradizione araba. E a quella tradizione fanno riferimento i Blue Maqams (****, il maqam è l’improvvisazione su scale modali) che danno il titolo al disco. Musica notturna ed evocativa, di tinte tenui e variazioni impercettibili. Qui impreziosita dal piano dell’inglese Django Bates (lo ricordo con Bill Bruford) e dal bassista Dave Holland e dal batterista Jack DeJohnette, superlativa sezione ritmica del Miles Davis elettrico.



CLASSICA
Francesca Dego esegue Paganini e Wolf-Ferrari
Brava, bravissima Francesca Dego. E gran bel disco, brillante e vibrante, questo Violin sonatas (****) pubblicato da Deutsche Grammophon. Milanese, 28 anni, madre californiana e famiglia di origine ebreo-tedesca, diplomata sedicenne al Conservatorio Verdi e perfezionata con Salvatore Accardo, cresciuta musicalmente sotto il segno di David Oistrakh e di Anne-Sophie Mutter, Francesca Dego ha già inciso i 24 Capricci di Paganini e, in duo con Francesca Leonardi, tutte le Sonate di Beethoven. Contesa dalle maggiori orchestre, ora affronta con il marito Daniele Rustioni che dirige la City of Birmingham Symphony Orchestra, il Concerto per violino n. 1 di Paganini e, soprattutto, il dimenticato Concerto per violino e orchestra in re maggiore op. 26 di Ermanno Wolf-Ferrari. L’opera del maestro veneziano – Wolf-Ferrari la compose fra 1943 e il 1944, quasi settantenne – ha una sua leggenda nera: fu un dono d’amore per la giovane violinista americana Guila Bustabo, che la eseguì per platee di gerarchi. Dopo la guerra, Bustabo fu processata per collaborazionismo e il concerto di Wolf-Ferrari finì nell’oblio. Ora questa «oasi d’amore in tempo di guerra», questo frutto tardivo e struggente di una cultura musicale ancorata più al ‘700 che al romanticismo, torna a brillare e il 13 e 14 gennaio verrà eseguita, per la prima volta, alla Fenice di Venezia.