Questa Mirandolina ha ascoltato Mozart

In Teatro

Il capolavoro di Goldoni torna al teatro Carcano con una bravissima prim’attrice e… un parallelismo importante. Noi, intanto, abbiamo sentito il regista, Andrea Chiodi…

Più che alla sua locanda, Mirandolina sembra interessata a una carriera da libertino, ma al femminile. Fin dalle prime battute serpeggia un dongiovannismo nelle intenzioni di quest’antieroina, la più conosciuta e amata di Goldoni, che fa della seduzione il suo teorema dimostrato, contro tutti gli uomini, o meglio contro la cedevolezza dei loro appetiti. Un vero uomo non può, anzi non deve lasciarsi conquistare. Con questa logica sembra che l’unico uomo rimasto nella commedia sia proprio lei, impegnata per tre atti a scovare la «femminilità» dei suoi ospiti, tutti sedotti uno dopo l’altro dalle sue grazie.

Al Teatro Carcano, ancora fino al 22 gennaio, un raffinato spettacolo diretto da Andrea Chiodi con la compagnia Proxima Res traccia un insolito ma giusto parallelo tra il testo di Goldoni e Don Giovanni. E non Molière ma proprio Mozart: il dramma giocoso indizio di un Romanticismo scalpitante, riflessione musicale e teatrale insieme sulle ambiguità dell’individuo, quelle ignote perfino all’individuo stesso.

«Con tutti gli ospiti che avrà avuto nella sua locanda – ragiona il regista Andrea Chiodi – anche Mirandolina non sfugge al suo catalogo. Il servo Fabrizio, testimone attento, lo potrebbe esibire in qualsiasi momento». Ecco quindi che la maliziosa Mirandolina perde le moine di tradizione. «Quando ho cominciato a lavorare con Mariangela – Granelli, bravissima protagonista – le dicevo di pensare La locandiera come la sua occasione per fare Don Giovanni. Abbiamo lavorato su un personaggio più di testa che di cuore». Da qui il risultato cinico e disincantato della sua interpretazione.

«Probabilmente Goldoni non ha ascoltato nemmeno un’aria Don Giovanni, o comunque non ho trovato nessuna testimonianza, ma in termini di date sarebbe plausibile. Per questo da semplice esercizio con Mariangela abbiamo deciso di condividere quest’intuizione con il pubblico». Così di tanto in tanto Mirandolina canticchia Là ci darem la mano o l’aria del catalogo, per accentuare la sua identificazione con il libertino.

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Lo spettacolo si chiude con un richiamo alla scena del Commendatore, uno dei finali più sconvolgenti mai scritti in musica. E subito l’atmosfera cambia: si fa cupa al limite del tragico. «Ho voluto che Mirandolina ne uscisse sconfitta. Alla fine il suo gioco viene smascherato: da Fabrizio, dal Cavaliere e dal pubblico. Questo è il senso del nostro finale».Allora si capisce perché il monologo finale della protagonista debba passare a Fabrizio «Lor signori…si ricordino della Locandiera»: i giochetti di Mirandolina le si ritorcono conto e lei capisce di essere sola. Buio in sala.

Una chiusa in diminuendo musicale per questo spettacolo fatto di metateatro, in chiara cornice strehleriana – sempre Arlecchino l’intramontabile riferimento. Cinque attori per otto personaggi si cambiano in scena attorno a un lungo tavolo che è la locanda, un palco ulteriore, ma anche la linea di demarcazione tra esterno e interno, tra i lazzi più comici e la malinconica intimità dei personaggi.

Ogni cosa nasce con Goldoni e le sue poupettes, che raddoppiano i personaggi in scena. È uno spunto tratto dai Mémoires dell’autore in confessione proustiana sul tempo perduto della sua infanzia, quando bastava una bambola per fare teatro. Ma basta ancora oggi: altro secolo e altra età, eppure un pupazzo resta un perfetto portale d’accesso per gli amori e disamori di questa vicenda fiorentina. Solo così il teatro diventa un gioco, serissimo, ma sempre un gioco. E come si divertono gli attori, tutti da citare: oltre a Mariangela Granelli, Tindaro Granata, Caterina Carpio, Emiliano Masala e Francesca Porrini.

 

La Locandiera, al Teatro Carcano fino al 22 gennaio 

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