La mia casa, la mia gente, il terremoto. Un anno dopo

In Cinema

Esce nelle sale “La botta grossa”, un documentario girato in prima persona da Sandro Baldoni sui luoghi del sisma del 2016 nelle Marche e in Umbria. Il regista parte dalla sua stessa casa distrutta a Campi per ritrovare, nei mesi successivi, i suoi concittadini e quelli di molti altri paesi alle prese con la sopravvivenza e la voglia di ricominciare. Tra solidarietà e coraggio, dopo un trauma devastante

La botta grossa. Così gli abitanti tra Umbria e Marche chiamano il terremoto del 30 ottobre 2016 che ha colpito il Centro Italia con la scossa più forte mai registrata negli ultimi anni. Una storia ormai piuttosto trascurata dai media, dopo il clamore iniziale, perché priva di vittime, ma devastante per i 40.000 abitanti costretti ad abbandonare le proprie case e le proprie vite d’un tratto ridotte in macerie.

Il regista umbro Sandro Baldoni, milanese d’adozione e di lavoro ma originario della piccola frazione nursina di Campi, nel terremoto ha perso la sua casa e così ha deciso così di fare un viaggio, un percorso a tappe attraverso le città colpite da questo terribile terremoto. L’ha fatto partendo proprio proprio dalle pareti ormai a vista, dagli scaffali di libri scoperti dalla distruzione dei muri della sua piccola abitazione di montagna. E dalle vicende, dalle reazioni al sisma dei suoi concittadini.

Che succede alle persone quando vengono messe alla prova da un trauma? Il documentario prova a rispondere a questa domanda in tre atti: la narrazione comincia con una ripresa-selfie dell’autore e regista che si presenta e mostra la casa distrutta. Qui a Campi, comune di Norcia, la comunità si è organizzata e riunita, come in una specie di arca di Noè, per gestire la catastrofe. Poi il viaggio continua nelle Marche, dove gli abitanti di paesi come Visso e Ussita sono stati costretti a trasferirsi al mare, gente di montagna sradicata e catapultata in una realtà estranea. L’atto finale invece è dedicato ad un uomo che ha fatto una scelta solitaria, un eremita che vive tra Norcia e Castelluccio, cercando di dare la sua risposta personale all’esperienza del sisma. E non solo a quella.

Il punto di vista del film è quello dei cittadini, di chi ha vissuto il terremoto, di chi è rimasto fuori dalla propria casa. Il regista è uno di loro e conversa con queste persone mostrandole attraverso interviste dirette, prive di artifici di fiction, con lo sguardo dritto in macchina, da vicino.

Non c’è facile compassione in queste storie, non c’è spazio per le lacrime facili da televisione: siamo di fronte ad intime confessioni in cui si parla di dignità e determinazione. Si cerca di vedere il lato positivo, di arricchirsi l’un l’altro, di condividere il più possibile, dal pasto alle paure, per andare avanti: e si capisce bene il significato della resilienza, ovvero la capacità di affrontare un fenomeno imprevedibile e devastante come un terremoto uscendone rafforzati e senza cedere allo sgomento. Ma soprattutto si vede la passione e il coinvolgimento di Baldoni per il tema, e anche per le singole vicende dei protagonisti: è proprio questo a dare valore aggiunto all’intero documentario.

La botta grossa di Sandro Baldoni, è prodotto da Acqua su Marte, società di produzione di Milano, con Rai Cinema (sarà trasmesso anche da Raiuno) e con il sostegno di Lombardia Film Commission. Arriva nelle sale italiane in questi giorni, a poco più di un anno di distanza dalla scossa, con un tour che toccherà anche moltissimi centri che hanno vissuto il dramma del sisma.

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