Sul treno con Liam Neeson, a caccia di un nemico sconosciuto e pericoloso

In Cinema

Per la quarta volta il regista spagnolo Jaume Collet-Serra dirige il malinconico protagonista di molti action movies (ma anche di “Excalibur” e “Schindler’s List”). Stavolta è un tranquillo e un po’ annoiato assicuratore che in treno riceve da una sconosciuta (Vera Farmiga) un incarico semplice, oscuro e inquietante: scovare un passeggero che sarà capace di travolgere molte vite. Per prima la sua

Michael (Liam Neeson) fa il pendolare, tutti i giorni avanti e indietro dal verde paradiso suburbano dove vive con la sua perfetta famigliola alla Grand Central Station di New York e al suo ufficio da assicuratore esperto, che già intravede all’orizzonte una comoda pensione ma non ha ancora finito di raggranellare i soldi per garantire al figlio una laurea in un’università prestigiosa. Nel bel mezzo di questa vita serena, che come un lungo fiume tranquillo scorre e si adagia pigramente nelle tante anse del quotidiano, ecco l’imprevisto. Michael viene licenziato, di punto in bianco, rimbalzato fuori dal suo ufficio come una pallina da flipper che ha urtato l’angolo sbagliato. Senza un motivo, e senza preavviso.

E proprio in quello stesso giorno, mentre torna verso casa allibito e affranto, una sconosciuta in treno (Vera Farmiga) gli rivolge una proposta indecente. Gli offre una montagna di soldi in cambio della soluzione di un piccolo, stupido enigma: su questo treno pieno di pendolari (quindi facce note, che ogni giorno percorrono lo stesso tragitto, alla stessa ora) c’è qualcuno che non dovrebbe essere qui, una sorta di corpo estraneo. «Trovalo», gli dice. Nient’altro. Sembra facile, persino innocuo, un incarico senza conseguenze, da Settimana enigmistica, giusto per tenere in esercizio la mente. Naturalmente si rivelerà invece un gioco al massacro, una gara contro il tempo, una grande cospirazione dagli esiti letali. Per l’inconsapevole famiglia di Michael e per i passeggeri del treno, tutti incolpevoli ostaggi di un meccanismo ben più grande di loro.

Liam Neeson ritorna per la quarta volta in un film d’azione diretto dall’amico e sodale Jaume Collet-Serra: In Unknown – Senza identità perdeva moglie e memoria, in Non-Stop si ritrovava chiuso in un aereo in balia di un ricattatore, in Run all Night scendeva in campo per proteggere suo figlio. Anche qui la molla decisiva che lo induce a trasformarsi in un inesorabile castigamatti è la difesa della sua famiglia, messa in pericolo da una micidiale cospirazione in grado di tenere in scacco tutta la città, forse l’intero Paese.

Rispetto ai film precedenti, però, il regista spagnolo ormai da molti anni prestato a Hollywood sembra aver affinato le armi a sua disposizione. Lo si vede nei primi minuti, nell’impeccabile lavoro di montaggio attraverso cui ci arriva il ritratto essenziale e vivido dell’uomo comune, dalla vita ripetitiva, terribilmente noiosa eppure felice, o almeno più che soddisfacente: potrebbero essere estrapolati come un cortometraggio a sé stante, la descrizione esemplare di un individuo qualunque, condannato alla ripetizione quotidiana dell’ugual ma contento di ritrovarsi ogni giorno sullo stesso treno, impegnato a salutare con un cenno rassicurante gli stessi volti incrociati il giorno prima.

Anche l’incontro fra l’uomo comune (ma non troppo: l’assicuratore sessantenne rivelerà ben presto un passato da poliziotto tostissimo) e la sconosciuta dallo sguardo affilato (quasi quanto i tacchi a spillo attraverso cui circoscrive il perimetro del proprio potere) viene descritto con mano raffinata e subdola. Il regista si diverte a costruire suspense e paura tenendo a mente la lezione di Alfred Hitchcock e disseminando la storia di indizi e colpi di scena, giravolte narrative e accumuli di tensione, a volte del tutto gratuiti ma sempre efficaci. È ben servito da un protagonista che continua ad avere, nonostante i 65 anni compiuti, un invidiabile physique du rôle e quel niente di ironia e leggerezza indispensabile per incarnare la figura, fin troppo vista, dell’uomo comune trascinato suo malgrado nel vortice dell’azione, ma a quel punto capace di agire (e di menare) come nessun altro.

A dir la verità, in questo film Neeson si presenta quasi timidamente nei panni dell’eroe d’azione, ci mette parecchio tempo a carburare e prendere il ritmo, a individuare il nocciolo di una cospirazione diabolica, sì, ma in realtà tutt’altro che difficile da intuire (persino chi scrive, di solito incapace di sciogliere anche l’enigma più elementare, c’era arrivata). E meno male! potremmo però dire. Perché la parte migliore del film è proprio il gioco enigmatico e claustrofobico che va in scena su e giù sul treno pendolari delle 17,30 diretto a Cold Spring, da un vagone all’altro, alla ricerca di un indizio labile, una verità sfuggente, una salvezza possibile.

Quando l’eroe diventa compiutamente tale (e il suo sguardo si fa inevitabilmente ottuso), l’azione si scatena e il racconto diventa più banale, già visto troppo volte, quasi inutile. Ma Liam Neeson appartiene comunque alla tutt’altro che folta schiera di attori in grado di fare la differenza. Così, nonostante l’imbarazzante tasso di ripetitività di azioni e reazioni, esplosioni e colpi di scena delle ultime sequenze, L’uomo sul treno rimane un prodotto godibile, a tratti sorprendente, quasi sempre divertente.

L’uomo sul treno, di Jaume Collet-Serra, con Liam Neeson, Vera Farmiga, Patrick Wilson, Sam Neill, Elizabeth McGovern

 

 

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