Di Costanzo racconta gli esclusi e le intruse di Napoli, con occhio lucido, severo, affettuoso

In Cinema

Secondo film a soggetto (dopo l’apprezzato “L’intervallo”) per un (quasi ex) documentarista che ha trasportato con ottimi esiti la sua ansia di realtà anche nel cinema di finzione, comunque ispirato a fatti di cronaca vera. Alla Masseria, centro ricreativo per bambini nel difficile quartiere Ponticelli, viene ad abitare la moglie di un sanguinoso camorrista, subito spettacolarmente arrestato davanti ai ragazzi. Entra così in crisi il fragile equilibrio, gestito dalla coraggiosa operatrice sociale Giovanna, tra una realtà drammatica di violenza e povertà e la voglia di creare e giocare dei piccoli ospiti. Leonardo Di Costanzo è protagonista anche al 3° Festival Internazionale del Documentario “Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà”, in programma dal 5 all’8 ottobre all’Unicredit Pavillon di Milano

Se non conoscete il lavoro dell’ischitano Leonardo Di Costanzo, regista (e anche sceneggiatore e direttore della fotografia) di origine documentaristica, passato con successo nel 2012 al film a soggetto con L’intervallo, applaudito alla mostra di Venezia, premio David di Donatello al miglior esordiente e Globo d’oro della stampa estera, avete ora due possibilità. Innanzitutto perché nelle sale esce il suo secondo lavoro a soggetto, fortemente legato a temi e situazioni della realtà italiana d’oggi, L’intrusa, ben accolto a maggio al Festival di Cannes.

Diretto con efficace realismo e una ruvida partecipazione emotiva, che si dichiara subito vicina a chi soffre, spesso senza colpa (in questo caso un gruppo di ragazzini), ma non per questo sceglie di addolcire i toni, il film è ambientato come il suo lavoro d’esordio in un luogo in cui solo la tenacia e la convinzione di qualche singolo fronteggia l’assenza totale di umanità e di Stato. Protagonista della storia, ispirata a un vero fatto di cronaca, è la torinese Giovanna (cui dà volto la brava Raffaella Giordano, coreografa con Pina Bausch nella compagnia di Wupperthal e già vista al cinema in Il giovane favoloso di Mario Martone), operatrice sociale che si batte ogni giorno contro l’indifferenza e i pregiudizi in un centro ricreativo per bambini del difficile quartiere partenopeo di Ponticelli. «Non è un film sulla camorra», ha precisato Di Costanzo, «ma un film con la camorra all’interno». Che riuscirà a penetrare anche in quest’isola che dalla malavita vuol proteggere, redimere anche, in cui però il lavoro, l’impegno, non ha la certezza di durare, perché tutto è instabile, mancano soldi certi e ogni risultato, ogni felicità, sono precari.

Se nell’Intervallo i due adolescenti protagonisti sognavano con innocenza, per qualche ora, di sfuggire la loro condizione senza futuro, come se la realtà si potesse chiudere tra due parentesi, qui la città dei conflitti irrompe direttamente perché nella Masseria, questo il nome del centro di recupero, arriva per abitarci Maria, sposata a un sanguinario camorrista che la polizia locale arresta subito in una retata sconvolgente per la serenità di tutti. La figlia di lei, Rita, asociale e scorbutica, selvaggia ma non in modo glamorous, viene incoraggiata da Giovanna a socializzare con gli altri ragazzi, a impegnarsi nelle loro creazioni. e i primi passi sono positivi, sorprendenti, ma poi la diversità sua e della madre, più il contesto generale di diffidenza sembrano prendere il sopravvento. Così la doppia condizione di “intrusa”, di Maria nel centro ricreativo, e di Giovanna nella Napoli del degrado, diventa la speculare struttura narrativa dell’intero film, in cui a fare da protagonista è la Napoli povera, dall’esistenza difficile, quella parte che vive di riflesso, senza esserne davvero al centro, la nefaste influenze della malavita, la violenza dei suoi rituali fisici, psicologici. E patisce le conseguenze di atti già avvenuti e già fatali, non rimediabili, opera di invisibili, malefici deux ex machina rispetto ai quali poco o nulla si può fare, individualmente e come comunità.

Realtà documentaria e ricostruzione narrativa, Di Costanzo le fa incontrare grazie all’assenza di buonismo: “L’intrusa” è un film che non fa sconti, non suggerisce “rimedi” per una realtà drammatica, ingiusta, che forse rimedi, al momento, davvero non ne ha, e non addita colpevoli da sbattere in prima pagina, buoni contro cattivi. Ma tanto meno rende eroiche, come ambiguamente sta facendo più di un prodotto di successo, al cinema e in tv, fa, le gesta sinistre di delinquenti che di romantico non hanno nulla. Qui anche i genitori e i ragazzini, Rita, e sua madre (la interpreta l’esordiente Valentina Vannino), hanno i loro lati duri, sono spesso intolleranti, accanto a slanci generosi, momenti solari, non mancano di dimostrare come sono segnati dalla cupezza della vita. E Di Costanzo non si colloca mai al di sopra dei suoi personaggi, la sua macchina da presa sempre in movimento sta tra loro, alla loro altezza, ne condivide i gesti, i destini, senza essere conciliante. Probabilmente è questo approccio la principale eredità che ha lasciato in lui l’esperienza del cinema del reale.

L’altra chanche per conoscere il suo lavoro arriva dal 3° Festival Internazionale del Documentario Visioni dal Mondo, Immagini dalla Realtà, dal 5 all’8 ottobre all’Unicredit Pavillon di Milano, che gli dedica una retrospettiva quasi integrale comprendente le proiezioni di Prove di Stato (1999), A scuola (2003), Odessa (2006), Cadenza d’inganno (2011) e appunto L’intervallo (2012). Di Costanzo sarà poi anche protagonista della masterclass “Dal film documentario al cinema del reale”. domenica 8 ottobre dalle 11:30. Le prenotazioni a questo evento e le informazioni su tutta la rassegna, che offre molti altri autori e opere inedite, sul sito www.unicreditpavilion.it/2-festival-internazionale-del-documentario-visioni-dal-mondo-immagini-della-realtà.

L’intrusa, di Leonardo Di Costanzo, con Raffaella Giordano, Valentina Vannino, Martina Abbate, Anna Patierno, Marcello Fonte

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