Un chirurgo “assassino” e un ragazzo che cerca vendetta: Lanthimos dirige una fiaba nera

In Cinema

Torna il regista greco, amatissimo e odiatissimo per “The Lobster”, con “Il sacrificio del cervo sacro”, in cui la brillante vita della coppia Colin Farrell-Nicole Kidman, apprezzati dottori, viene sconvolta da un sedicenne deciso a distruggere la loro ipocrita serenità. Premiata a Cannes 2017, un po’ film d’autore europeo, un po’ horror thriller all’americana, un’opera gelida e ambiziosa, crudele e imperfetta

In Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos, premiato lo scorso anno al Festival di Cannes come miglior sceneggiaturaSteven Murphy (Colin Farrell) è un chirurgo di successo, sua moglie Anna (Nicole Kidman) un’apprezzata oculista e i due figli adolescenti un inno alla bellezza e alla buona educazione. Inutile dire che vivono in una casa perfettamente borghese che trasuda benessere, fortuna e felicità. Troppo bello per essere vero? Ovviamente sì. E lo capiamo fin dalle prime inquadrature, negli infiniti corridoi dell’ospedale esplorati con lunghi e ossessivi carrelli che rincorrono il protagonista, mostrandoci un uomo tallonato, braccato, chiuso in un angolo, come una preda inseguita dal cacciatore. Senza una vera speranza di fuga.

Quasi subito capiamo anche che Martin (Barry Keoghan), il sedicenne dallo sguardo febbricitante che Steven frequenta, colma di regali costosi, invita a pranzo e presenta incautamente a moglie e figli, è un potenziale catalizzatore di paure profonde e sensi di colpa, un elemento perturbante in grado di scuotere fin dalle fondamenta l’impalcatura di buone maniere e ipocriti silenzi su cui si regge la serena vita americana della famiglia Murphy. Un modello di felicità inevitabilmente aristocratico e destinato ad andare in mille pezzi sotto l’attacco brutale di un giovane estraneo portatore di inconfessabili desideri e oscure maledizioni. Desideri di morte messi in scena fin da subito anche nei rituali necrofili che dominano il sesso coniugale dei due bellissimi e asettici protagonisti.

È una fiaba nera con diversi livelli di lettura – fin dal titolo, che rimanda direttamente alla tragedia di Euripide Ifigenia in Aulide – il nuovo film di Lanthimos, regista già apprezzato da molti (e da altrettanti ferocemente odiato) ai tempi del fanta-grottesco The Lobster. Un film ambiguo, straniante, programmaticamente disturbante fin dalla prima scena, che arriva dopo un minuto di buio scandito dalle note dello Stabat Mater di Schubert. La prima immagine che ci viene offerta è infatti quella di un’operazione a cuore aperto inquadrata in primissimo piano, una visione quasi intollerabile che esplicita da subito il tono dell’intero film. E anche il suo fulcro insanguinato: Martin ha visto morire suo padre sotto i ferri del dottor Murphy, proprio in occasione di un intervento al cuore condotto senza la necessaria perizia, e quello che pretende è semplicemente vendetta. Un implacabile scambio: occhio per occhio, una vita per l’altra.

Cinema gelido e crudele, quello di Lanthimos, che ricorda l’Haneke di Funny Games e a volte Lynch, persino Kubrick nella geometrica precisione di alcune sequenze. Ma, come già in opere precedenti, il regista greco sembra incapace di soddisfare fino in fondo le tante ambizioni contenute in un soggetto spiazzante ma forse un po’ irrisolto. Il risultato è affascinante ma non del tutto convincente, capace di inquietare ma non di persuadere, un oggetto vagamente alieno che si tiene in bilico fra generi diversi, un po’ cinema d’autore all’europea e un po’ horror-thriller in salsa americana. Con in più una spruzzata di umorismo nero in grado di strappare risate anche nei momenti più atroci. Risate di cui inevitabilmente ci si vergogna, poi, anche se non si può fare a meno di riconoscerne l’impeccabile (e sadica) capacità di sintesi.

Il sacrificio del cervo sacro di Yorgos Lanthimos, con Colin Farrell, Nicole Kidman, Barry Keoghan, Raffey Cassidy, Sunny Suljic

 

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