“Girl”, o il bisogno di essere fino in fondo donna

In Cinema

Un ritratto intimo, fatto di forza di volontà, dolore e vergogna, vissuto dalla protagonista Lara, ballerina classica nata maschio, che ha solo il forte desiderio di essere finalmente e solamente se stessa. Il pluripremiato debutto all’ultimo Festival di Cannes del regista belga Lukas Dhont, ha un gran punto di forza nel bravissimo protagonista, e nemmeno 15 enne, Victor Polster

Pochi film hanno saputo ritrarre le emozioni come Girl del 27enne esordiente Lukas Dhont, che grazie a questo lavoro ha vinto quattro premi a Cannes 2018, compresa la Camera d’Or e quello al miglior attore per Un Certain Regard: è  un ritratto così diretto e crudo da riuscire a farci immedesimare e provare le stesse emozioni della protagonista, e in modo davvero forte.

Pellicole come The Danish Girl e Tomboy hanno già trattato questo tema così delicato ma Girl lo fa ma in una chiave più intima e personale. L’adolescenza è un momento turbolento e unico per ogni giovane, ma il percorso di Lara lo è ancora di più; il suo percorso è difficile e doloroso perché si trova in un corpo maschile (quello di Victor Polster, l’attore premiato) che non la rappresenta.  È un viaggio fatto di mutilazione e cattiveria verso il proprio odiato organismo, dal quale c’è solo la volontà di fuggire come luogo che non la rispecchia, e tutto questo la porterà dell’estremo tentativo di manipolare e modificare il proprio corpo con la continua assunzione di ormoni e dolore.

Qui il tema non è la paura di sapersi accettare come si è, bensì il semplice desiderio di vivere come davvero ci si percepisce, trovare finalmente la propria identità di genere. “Abitare” un corpo che non ci appartiene, avvertire la propria distanza rispetto a ciò che si è esternamente, provoca una sensazione che è come quella di un animale ingabbiato in un luogo ostile. Questo è l’incubo personale, la sofferenza che prova Lara, la quale non desidera altro che essere come la sua vicina di balletto, o le altre ragazze del gruppo. In lei vive una perenne lotta fra la sua vera identità e il suo gender. Lei ha fretta di sentirsi donna, è una ragazza, lo ha sempre saputo.

Sono tante le emozioni che affollano Lara nella sua continua lotta quotidiana: la paura celata di non poter essere finalmente la donna che ha sempre voluto essere, la sofferenza provata ogni giorno, o anche la vergogna l’umiliazione per colpa degli altri, ma anche la voglia di scoprire se stessi e svelare finalmente la propria vera identità. La sua decisione non ha limiti, e la porta, a volte, ad essere troppo rigida o forse frettolosa: ma Lara vuole finalmente far combaciare il suo sesso con la sua identità.

Fondamentale nel racconto di Dhont è la figura paterna, che per fortuna qui si allontana dai cliché di molti film adolescenziali che affrontano problematiche simili. Qui il papà di Lara (Arieh Worthalter) é un accompagnatore partecipe che guarda, segue sua figlia nel cammino turbolento che sta affrontando. Una figura che ascolta e aiuta, non giudica e non critica, aspetta e cerca di interpretare anche i silenzi di Lara. Non c’è una banale nostalgia della sua bambina, ma solo la paura di vederla soffrire, o non capire i suoi silenzi: perché in fondo prevale il solo e unico desiderio di vedere sua figlia felice, nell’oggi e nel domani.

Girl, di Lukas Dhont con Victor Polster, Arieh Worthalter, Oliver Bodart, Tijmen Govaerts, Katelijne Damen, Valentijn Dhaenens, Magali Elali, Alice de Boqueville, Alain Honorez, Chris Thys, Angelo Tijssens, Marie-Louise Wilderijckx, Virginia Henricksen.

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