È l’ora dei festival musicali. Ma quali?

In Interviste, Musica

Una riflessione sul tema, tre proposte eccentriche e coraggiose tutte italiane e il parere di Damir Ivic, esperto del settore

I Backstreet Boys hanno segnato l’inizio della mia carriera festivaliera.

Avevo undici anni e mio padre mi portò a vederli al Festivalbar di Lignano Sabbiadoro storpiando i nomi di tutti i componenti, in mezzo a un’orda di ragazzine infervorate.

Il concerto si svolgeva all’Arena Alpeadria, struttura esteticamente banale, un semicerchio di cemento bianco con bibitari e paninari pret a porter, distributori di maxibon a tremila lire, e una line up pop-commerciale con qualche omaggio all’hype internazionale dell’epoca (per un racconto degli anni d’oro di Salvetti&Co., aspettatevi una sorpresa in uno dei prossimi numeri di Cultweek).

I The National, invece, sono stati la colonna sonora della fine di un amore adolescenziale, e il teatro ne fu l’Ippodromo di Milano, semivuoto e accaldato da coppie mano nella mano per il City Sound Festival.

Poi sono seguite le micro rassegne estive sotto i tendoni, il Concertone del Primo Maggio, l’Heineken Jammin’ Festival.

Location e servizi al minimo, i festival, a quell’epoca, si riducevano al solo ascolto della musica condito da birra calda.

Oggi partecipare a un festival musicale vuole dire essere parte di un’esperienza.

Il che significa non solo ascoltare della musica puntando a raggiungere un grado di ubriachezza onesta nel minor tempo possibile, ma fruire di una performance a tutto tondo, dove anche la “scenografia” non solo della singola edizione, ma anche della venue, ha una grandissima importanza.

Di respiro internazionale, dominati dal gigantismo, strutturati su più palchi, le line up dei nuovi festival spaziano dall’indie rock all’elettronica, dal post punk, fino al recupero delle band storiche (l’esibizione degli Slowdive alla scorsa edizione del Primavera Sound di Barcellona è stata emozionante).

I tendoni all’aperto sono stati sostituiti da fiere, castelli, palazzi storici, mercati coperti, musei d’arte contemporanea. Il Sònar Festival di Barcellona, per esempio, il più rilevante per quanto riguarda il multiforme bacino d’utenza della musica elettronica, al di là della selezione musicale di qualità altissima, può vantare la location più suggestiva del momento. Le due fire (fiere) del capoluogo catalano si svolgono in un quartiere dal fascino post moderno e post industriale e con un’acustica invidiabile.

Altro fattore non trascurabile dell’esperienza di un festival, che si accompagna alla venue per similarità, soprattutto in ambito tecno-elettronico, è il visual che accompagna l’esibizione di un artista, ovvero la selezione di immagini proiettate alle sue spalle mentre suona, spesso affidato ad artisti autonomi e che contribuisce in maniera sostanziosa a completare l’esperienza d’ascolto.

Pensando all’Italia (ma nel nostro Paese non si è ancora sviluppata una vera e propria riflessione sull’industria musicale, che è industria culturale) nella seconda metà di luglio vedranno la luce tre esempi virtuosi di festival musicali nostrani capaci di coniugare qualità, estetica della location e prezzo contenuto. Tre esempi localizzati sotto il Po, cosa che fa ancora più piacere, a dispetto dei suoi detrattori, tre esempi virtuosi di investimento e coraggio dove la distanza dall’Europa è più palbabile.

Zanne Festival, Catania, Parco Gioeni, 16-19 luglio
Fresco di nascita (siamo alla terza edizione), il festival catanese, nato nella città che con l’underground ha sempre avuto un rapporto privilegiato, presenta, fra gli altri, Four Tet, Franz Ferdinand, Godspeed you! Black Emperor, cioè una selezione di suoni che va dall’elettronica sofisticata all’indie britannico fino a una delle band più raffinate del post rock, contemplando anche un contest per band emergenti locali e che combina ai concerti attività extrafestivaliere gratuite dedicate ai bambini, ai teenager e agli adulti. Si chiamava Welfare, una volta.

Ypsigrock Festival, Castelbuono (PA), 6-9 agosto
Ypisgrock ha il merito di aver fatto anche conoscere un luogo di bellezza inesplorata al pubblico di non siciliani: Castelbuono, infatti, è un borgo nel palermitano un po’ isolato, che dal 1997 ospita band del panorama indipendente internazionale. Concordando l’occupazione dei meravigliosi spazi con le istituzioni e combattendo le resistenze criminose. Quest’anno sul palco si alterneranno, fra gli altri, Future Islands, Kate Tempest, Notwist e Micah P.Hinson (nelle uniche tappe italiane dei loro tour), oltre ai vincitori del contest Clap! Clap! e Be Forest.

Vasto Siren Festival, Vasto (CH), 23-25 luglio
Il più giovane ma il più patinato dei tre, alla sua seconda edizione coniuga vista mare e line up fatta per la maggior parte di nomi noti come Verdena, James Blake, Jon Hopkins, Sun Kil Moon, IOSONOUNCANE, Colapesce, portando avanti la scommessa di creare un piccolo Primavera Sound formato locale.

Per approfondire meglio il tema Festival, ho fatto qualche domanda a un esperto del settore, Damir Ivic, giornalista musicale, che collabora fra gli altri al Mucchio e soundwall.it, oltre a lavorare nella produzione di Dna Concerti e come consulente per Red Bull Music Academy.

Alla luce della situazione italiana dei festival, considerando anche gli esempi estivi (Zanne, Ypisgrock e Vasto Siren), secondo te ha ancora significato parlare di arretratezza culturale in materia?

Penso che la questione in Italia si possa spiegare con il “luogo comune” – che, come tale, nasconde un po’ di verità – dei guelfi e ghibellini: lo spettatore medio italiano va a un singolo concerto per ascoltare una specifica band, ma è restio a pagare il biglietto di un festival per più band, nonostante il prezzo conveniente e la bellezza della manifestazione. Questa è la peculiartà negativa del pubblico italiano, una sorta di “calcificazione” da curva da stadio: se “sei” dei Blur, non stai con i Gallagher, per intenderci. E’ una tendenza che nasce dal pubblico prima che dall’organizzazione e dagli sponsor, che però decidono in base alla ricettività del pubblico, perché i festival che nascono solo da un ingente investimento dello sponsor non convincono, non producono un’economia tale da sostenersi

«Cosa manca nella musica in Italia?» è la domanda più odiata da tutti gli operatori del settore. Per una volta, vorrei ribaltare la questione: quali sono i punti di forza dei festival italiani?

Anche qui, occorre ragionare con il più veritiero degli stereotipi: la ricchezza culturale e paesaggistica dell’Italia ha potenzialità enormi anche per lo sviluppo dei festival. Il problema, però, rimane l’apertura delle istituzioni che hanno posto vincoli antistorici a moltissimi luoghi che potrebbero diventare location eccellenti. In Europa la disponibilità della politica è maggiore, in Italia invece c’è bisogno di maggiore spirito imprenditoriale e di un apporto coerente delle istituzioni, che purtroppo spesso consentono il proliferare di discariche a cielo aperto e per contro non aiutano l’organizzazione dei festival.

Com’è cambiato secondo te il pubblico fruitore dei festival negli ultimi anni?

Nell’opinione pubblica italiana, il festival musicale è ancora visto come il raduno dei fricchettoni di Woodstock, mentre nella realtà dei fatti il pubblico festivaliero contemporaneo è molto connotato esteticamente, soprattutto in Italia e in Spagna. Gli eventi di questo tipo sono diventati laboratori estetici dove i partecipanti sono molto motivati a seguire le tendenze in fatto di moda e comportamenti, per cui sono molto più attenti di una volta a come appaiono.

Qual è secondo te un’artista che meriterebbe di essere scoperto in Italia e sul quale i booker non hanno ancora puntato?

In Italia fortunatamente hanno suonato i principali artisti interessanti sulla piazza, ma è anche vero che in qualsiasi nazione, girando per festival e club, trovi musicisti validi. Guardando sempre oltre confine, l’Exit serbo presenta il 30% della line up di artisti emergenti o leggende locali. Tra questi, ho scoperto Rambo Amadeus, cantautore serbo, che si è esibito anche all’Eurovision. Una vera chicca locale, un incrocio fra Frankie H-nrg e Giorgio Gaber, un grande chitarrista acuto politicamente. Il problema è che canta in slavo ed è difficile da esportare.

Per salutarci Damir, ti chiedo di consigliare ai lettori di Cultweek tre live da non perdere nei tre festival citati sopra.

Ypsigrock: grazie alla location un po’ isolata è il festival dei tre più coinvolgente per la comunità, una sorta di “cattedrale nel deserto” con una forte impronta umana e calda: per questo, consiglio Kate Tempest perché è forse l’artista presente più empatica con il pubblico.

Zanne: Timbre Timbre dal vivo sono intimi e ricercati, non sono il nome principale ma si sposano bene a un festival piccolo e in crescendo come Zanne. Proprio per evitare di guardare al gigantismo delle grandi folle, è bello vedere come sarà l’esibizione di un gruppo apparentemente minore.

Vasto Siren Festival: qui senza dubbio merita il live di James Blake, in Italia per un’unica data con un nuovo show che ha ricevuto altrove pareri entusiastici: il 26 enne electro-writer inglese promette a Vasto un’esibizione ad alto tasso di intensità.

 

COSA NON PERDERE da oggi al 20 luglio

Summer Casino, Tre giorni di mini-festival legati alla mostra di Damiàn Ortega in corso nello spazio espositivo di Hangar Bicocca. Sound design, dj set, live set e documentari faranno da cornice e approfondimento al lavoro dell’artista messicano. Hangar Bicocca, 15-16-17 luglio, dalle 19.00. Ingresso libero.

Il direttore Marc Minkowski (dopo il Lucio Silla di fine inverno) torna alla Scala sempre con Mozart, con il soprano Hanna-Elisabeth Müller che passerà dall’Idamante del giovanile Idomeneo alla Contessa delle dapontiane Nozze di Figaro. Chiude il concerto il luminoso do maggiore della Sinfonia Jupiter. Al Teatro alla Scala il 19 luglio. (Mattia Palma)

Public Enemy, fra le leggende del rap americano, quella dei Public Enemy, è sicuramente la più longeva. “I Rolling Stones del rap” canteranno al Magnolia il loro compendio di sottocultura da strada, con uno sguardo a Malcom X, che ne sarebbe molto fiero. Circolo Magnolia, Giovedì 16 luglio, ore 21.00

Foto di Exit Festival, Motorhead, Main Stage @ EXIT Festival 2015

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