L’educazione sentimentale di Massimo e Francesca, lontani da case e vite che non riescono ad abitare

In Cinema

Due solitudini che s’inchinano l’una all’altra senza mai sintetizzarsi nel “Noi”, quelle dei due personaggi interpretati da Emmanuelle Devos e Fabrizio Gifuni, sono il nucleo narrativo centrale di “Le case dove non ho mai abitato”, melodramma esistenziale che Paolo Franchi gestisce con misura sottile e malinconica. Un film da osservare più che da ascoltare, la cui struttura solletica una certa intelligenza nel guardare, e in cui l’architettura e le arti assolvono a una funzione metaforica. Anche se la partenza, da punto esclamativo, del film, lascia poi il posto a più di un punto di domanda

Massimo (Fabrizio Gifuni) è un architetto affermato che progetta case da sogno per clienti ricchi, ma nella vita non riesce a disfare gli scatoloni stipati da mesi nel suo appartamento. Francesca (Emmanuelle Devos) è una cinquantenne torinese che dopo la laurea in architettura ha preso fissa dimora presso il marito Benoit, banchiere parigino cui ha donato la vita in cambio di un lussuoso quieto vivere. Massimo è l’erede spirituale – e il figlio desiderato e mai avuto – di Manfredi (Giulio Brogi), architetto tra i più amati e considerati di Torino, che dopo un incidente domestico si ritrova, vedovo disperato, a fare i conti con la casa vuota della sua esistenza, in cui l’assenza dell’unica figlia, Francesca appunto, risulta più tangibile che mai. La quale, inizialmente riottosa a qualunque protagonismo nella propria e altrui vita, decide di occupare un po’ dello spazio che il padre, quasi bloccato a letto, le lascia libero, collaborando con Massimo alla ristrutturazione di una casa per una coppia di sposi fuori Torino.

I due si incontrano, si annusano e all’unisono superano le reciproche ritrosie, con l’unico obiettivo di appagare il desiderio del padre che lavorino insieme, evento desiderato da lui e mal tollerato da lei. L’uno smussa gli spigoli dell’altra, ne riempie i silenzi e illumina gli anfratti più intimi, in una costruzione del sé e delle regole del rapporto.

L’architettura dell’improbabile relazione d’amore che sta alla base di Dove non ho mai abitato di Paolo Franchi inizia col punto esclamativo – di sorpresa e meraviglia – ma ad esso si accompagna, verso la metà del film, un punto di domanda, quando la leggerezza di una costruzione ariosa e fluida viene schiacciata da una festa stile La grande bellezza alla quale i due partecipano, tra danze e musiche fuori luogo. E così il tono scende e la costruzione anziché innalzarsi cede come un castello di carte, rotolando in un susseguirsi di sentieri il cui punto d’arrivo pare essere già noto.

Dopo il discusso E la chiamano estate, Franchi riprende il melodramma dell’educazione sentimentale di chi si sfiora senza mai toccarsi; se prima la questione era quella di un grande amore che dal platonico non si realizza nell’atto, ora il problema è quello di due solitudini che si inchinano l’una all’altra senza sintetizzarsi nel “Noi”. Emmanuelle Devos, che di recente abbiamo visto recitare in italiano in Fai bei sogni di Marco Bellocchio, parla con gli occhi e ha una mimica delle labbra tale da farci pensare che sarebbe stato possibile (o forse preferibile) togliere il sonoro: Dove non ho mai abitato è un film da osservare più che da ascoltare, perché la struttura solletica una certa intelligenza nel guardare, e l’architettura e le arti assolvono a una funzione metaforica che va ben oltre la scelta di un mestiere per i due protagonisti. I vestiti pastello di Francesca, che a Parigi si sposavano al ruolo di borghese ricca e frustrata, anziché nasconderla la rendono ancora più visibile su quel palcoscenico ligneo che è la casa del padre, costringendola, per la prima volta dai tempi dell’università, a fare i conti con se stessa.

L’apoteosi della scelta (-non scelta) sarà proprio quella di perpetrare il suo status, volendosi quasi negare alla vita e a Massimo, fino a quel momento incapace di volere alcuna cosa. Lui pare travolto da una serie di eventi (quel fiume in piena che altri chiamano vita), da cui si ripara nascondendosi o scappando: da un’ex molti anni prima, e dall’attuale compagna che spesse volte dimentica di cercare, dal fratello e dagli amici. Due anime in pena, entrambi inquilini di case meravigliose che non riescono ad abitare, e di vite lussuose che osservano malinconici scorrere loro accanto, senza riuscire nemmeno a sfiorare.

Dove non ho mai abitato, di Paolo Franchi con Emmanuelle Devos, Fabrizio Gifuni, Giulio Brogi, Hippolyte Girardot, Giulia Michelini, Fausto Cabra, Jean-Pierre Lorit, Naike Rivelli, Valentina Cervi, Yorgo Voyagis.