Club To Club 2017: non è solo questione di hype

In Musica

Il C2C, festival di musica elettronica, avant-garde e pop, compie diciassette anni ed è in splendida forma

Ci sono molti motivi per andare a Torino il primo weekend di novembre: c’è Artissima, una delle più grandi fiere espositive per l’arte contemporanea; ci sono i suoi eventi off, dove gallerie e artisti “piccoli” ma interessanti provenienti da tutto il mondo espongono (The Others, Next, Operae), c’è Paratissima, calderone di proposte nuove più o meno di qualità ma alloggiate in una location stupenda (l’ex Caserma La Marmora). E poi c’è Club to Club. Che è un’altra proposta artistica: sì, perché anche se alcuni ne dubitano tutt’oggi, la musica elettronica concepita secondo certi canoni è considerabile a pieno diritto meritevole di presenziare sotto il cappello della proposta artistica contemporanea.

Club to Club, festival di musica elettronica, avant-garde e pop, compie il 17° anno di vita in splendida forma, un festival che, a beneficio dei suoi anni, muta verso una direzione sempre più definita, colta, “internazionale” non solo in termini di presenze sul palco ma anche di gusto, senza trascurare l’aspetto più divertente della club culture.

Chi ancora si limita a svolgere la semplice equazione musica elettronica = divertimento droghereccio, dovrà ricredersi nel passare in rassegna la line-up di venerdì 3 e sabato 4: partiamo con il dire che in particolare per il primo giorno, la Fiera del Lingotto di Torino – ormai location collaudata e tradizionale – è stata invasa di proposte che per molti aspetti prendevano la direzione della performance d’arte.

Arca, primo dei grandi nomi a salire sul palco, rende perfettamente l’idea: producer venezuelano classe ’89, vanta già fra le collaborazioni Kanye West, FKA Twings, Bjork, si presenta sul palco in versione queer, indossando top e shorts femminili e “scarpe robotiche” che lo alzano da terra, intrattenendo il pubblico con una performance teatrale dove canto, campionamenti suonati dal vivo da Jesse Kanda e coinvolgimento del pubblico si fondono. È un concerto, è una performance? Non lo sappiamo con certezza, ma ci godiamo lo spettacolo con la stessa curiosità – a volte anche un po’ sarcastica – con cui assisteremmo a una performance in un museo.

Dopo Arca, è il momento di Bonobo, sempre live, producer inglese di collaudato talento il cui ultimo album uscito quest’anno, Migrations, aveva colpito positivamente critici e appassionati. Bonobo suona due ore di musica con band e cantante al seguito, due ore di ottima fattura e moderatamente “ballabili”.

Finito Bonobo è l’1, il main stage si riempie di pubblico. Le ore si sono fatte piccole, vogliamo ballare, perdio. Tutte le nostre preghiere si rivolgono a Nicolas Jaar, la “star” di Club to Club, sul palco per il secondo anno consecutivo, reduce di date estive a Roma e in un trullo nelle Murge, enfant prodige – ma figlio d’arte – della musica elettronica e deep house, influenze latine come i suoi natali, parecchio cantato alternato a minimalismo elettronico. Insomma, per la sottoscritta, una bomba. Almeno sulla carta, perché purtroppo quello che accade venerdì sera è un set decisamente al di sotto delle aspettative, un po’ troppo lento e autoreferenziale, “noioso” persino per gli addetti ai lavori abituati ad oscillare più che a dimenarsi.

Sono arrivate le 2, e a questo punto – ma anche prima – merita una visita più che approfondita il secondo palco, quello curato da Red Bull Music Academy: nomi interessanti, alcuni di questi meno conosciuti al grande pubblico che valgono la pena di una scoperta, fra quest Jlin, che vanta feauture con Basinski, porta un ’ elettronica “cerebrale” perfetta per le ore notturne, mentre per quanto riguarda i noti, Lorenzo Senni, unico musicista nostrano arruolato nella Warp Records, è un vero fiore all’occhiello dell’avant-garde italiana.

Sul Main Stage chiudono la nottata prima The Black Madonna – unico, autentico e bellissimo set ballabile della serata – e i Ninos Du Brasil, artisti che invece compiono perfettamente la profezia del festival ormai sempre più performativo di cui sopra: Nicolò Fortuni e l’artista e performer Nico Vascellari portano in tour già da qualche anno il loro mix di elettronica, samba e batucada con viso dipinto e parrucca da carnevale di Rio, il loro set è energico, spiazzante, il lancio di coriandoli finale è – letteralmente- assicurato.

Se la prima serata ha accontentato il compromesso musica + arte, la seconda C2C non è da meno, ma con un po’ più di hype, se possibile: alle 22.30 aspettiamo tutti Liberato, ci siamo tutti appassionati a un cantante che sembra provenire dal sottobosco neomelodico napoletano. Non sappiamo chi sia, sappiamo solo che mixa dialetto napoletano a basi elettroniche sorprendentemente raffinate, ha fatto uscire tre canzoni e tre video curatissimi per idea, scenografia, fotografia. Era già stato annunciato un suo concerto al Mi Ami, sul palco si sono presentati in quattro, fra cui Calcutta, che si vocifera sia mente e voce di Liberato. Sul Main Stage stavolta si presentano in tre, nascosti da felpa con cappuccio, cantano i tre pezzi che Liberato ha prodotto e diffuso da febbraio 2017, in aggiunta – che diventa parte integrante – a un bellissimo set luci curato dal duo di video-artisti Quiet Ensemble. Troppo raffinato per essere genuinamente un musicista neomelodico, troppo ben architettata l’operazione di marketing, quello su cui ragionare è la bontà di tutto questo per la musica. Personalmente non ho dubbi: il prodotto musicale è curato, il mistero fa bene all’attenzione poco vigile del pubblico italiano, Liberato, chiunque tu sia, continua così.

La curiosità verso il nuovo continua nel corso della serata: Richie Hawtin, pezzo storico della techno Detroit, da me associato principalmente a quel mondo, alla club culture, ai dj set alla Boqueria ormai tradizione del Sonar Festival, porta a C2C il progetto Close. Sedotto anche lui dall’integrazione fra immagine e suono, si circonda di sintetizzatori e telecamere che riprendono i suoi movimenti per proiettarli alle sue spalle in forme astratte. Al di là della resa finale, studio e ricerca dovrebbero caratterizzare ogni musicista, anche il più storico e affermato e per questo apprezziamo Hawtin.

La serata, con incursioni nelle due sale, stavolta meno difficoltose degli anni passati (l’angusta sala Gialla è stata sostituita da un secondo palco), si conclude per me dando una seconda possibilità a Nicolas Jaar, che da vera prima donna del festival chiude la manifestazione con un dj set di due ore, riscattando il suo nome e la sua fama: balliamo, tutti, dall’inizio alla fine, anche grazie all’ottima pick up song di Battiato, primo pezzo selezionato.

Lunga vita al C2C, e al ritorno esausto ma soddisfatto a Roma.