Le quattro stagioni di César Brie

In Interviste, Teatro

Il 60enne regista argentino fa un tipo di teatro che prende al cuore e allo stomaco: e sta per arrivare una rilettura del mito di Orfeo ed Euridice che inizia in ospedale

«Da un po’ di tempo mi occupavo di farmi raccontare nei seminari le storie delle persone perché quando uno ha un ricordo, ha un rapporto particolare con quel ricordo, ha delle immagini, quindi una relazione diretta con le proprie emozioni. Cercavo di far capire agli attori come quel rapporto così diretto è un vincolo che l’attore dovrebbe avere con se stesso».

Così César Brie ci racconta del suo nuovo lavoro Ero, in scena a Campo Teatrale in questi giorni.

L’attore, regista e drammaturgo è solo sul palcoscenico, ci parla di lui per parlarci di noi. Mette in scena gli elementi caratterizzanti della sua vita utilizzando archetipi che si ritrovano dentro ognuno di noi.«Tutti hanno questi archetipi. Quelli che ho toccato, come la famiglia, sono i più comuni. Tutti abbiamo un rapporto con l’infanzia, tutti abbiamo un padre, una madre, una nonna».

Come spesso capita negli spettacoli di questo regista, lo spettatore rimane incollato alla scena, segue senza stancarsi l’andatura del personaggio, si immedesima e si estranea allo stesso tempo carico dei suoi ricordi, belli e brutti, che scaturiscono senza tregua dalla memoria. Forti in questo lavoro dell’aiuto delle immagini, niente sembra essere lasciato al caso e il palcoscenico, arredato dalle scene di Giancarlo Gentilucci e colorato dalle luci di Daniela Vespa, sembra avere un aspetto di sacralità.

«Io lavoro molto sull’immagine, ci conferma lo stesso Brie, Io uso Kantor, la metafora scenica dell’oggetto, protagonista tanto quanto l’attore. Ci troviamo in questo modo a percorrere quattro strade, l’inverno del padre, l’autunno della madre, la primavera della nonna e l’estate del bambino, quattro stagioni diverse della vita che si incontrano a metà e rovesciano il passato perchè diventi il bagaglio da portarsi nel futuro.

Il dover attraversare il palco per andare a sedersi in fondo ti lancia nell’imbarazzo di profanare il luogo. Gli spettatori infatti sono disposti a cerchio intorno alla scena e questo porta il regista durante lo spettacolo a doversi girare su se stesso per non escludere nessuno ma nello stesso tempo crea una sensazione di “girotondo”.

Argentino, arrivato in Italia a diciotto anni con il gruppo teatrale Comuna Baires, di cui è cofondatore, per sfuggire alla dittatura, César Brie da anni porta avanti un lavoro minuzioso e scrupoloso partendo dall’attualità e creando un ponte che arriva direttamente a un teatro civile di qualità con un linguaggio straordinariamente poetico. Esiliato dalla Bolivia, in cui ha fondato il Teatro De Los Andes, per aver prodotto un documentario scomodo; in Italia sta portando in giro, due monologhi, Il mare in tasca e Albero senza ombra.

Inoltre con gli attori della compagnia Teatro Presente quattro piccoli lavori, Indolore, La mite, Orfeo ed Euridice e Il vecchio principe, che trattano di violenza domestica, solitudine, eutanasia, e l’ultimo è un riadattamento del Piccolo Principe ambientato in un geriatrico. Viva l’Italia è invece un lavoro sulla morte di Fausto e Iaio. Karamazov, nonostante sia stato candidato a tre premi UBU, sta volando verso l’Argentina per rimanerci.

«Un’altra realtà, un altro racconto in cui ancora una volta viene usata una storia tra mille per parlare di tutte», ci racconta Giacomo Ferraù in scena con Giulia Viana a febbraio con Orfeo ed Euridice, la cui regia è dello stesso César Brie.

«Giacomo ha proposto il tema, l’eutanasia, attraverso il mito, mi ha attratto subito moltissimo e ho deciso di indagare», conferma il regista. Partendo dai seminari inizia a lavorarci e una volta costituito il dispositivo scenico la messa in scena avviene come se fosse un miracolo.

Un miracolo, una poesia, uno spettacolo che arriva dritto al cuore e allo stomaco. Il mito lo incontriamo in ospedale, il cammino che Orfeo compie con l’ombra della sua amata lo ritroviamo nel cammino che le persone compiono quando i loro cari sono costretti in uno stato vegetativo.

Un’ esperienza densa di stimoli quella che lo spettatore è chiamato a fare, nata da una collaborazione tra la compagnia Eco di Fondo, la compagnia Teatro Presente e César Brie.

Ero, in scena a Campo Teatrale fino a domenica 1 febbraio.

Orfeo ed Euridice, al Teatro Elfo Puccini, dal 10 al 22 febbraio.

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