C’era una volta a Vigata un commissario…

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Camilleri torna al 1996 per inventare otto nuove indagini per un giovane Montalbano, non molto diverso da quello che abbiamo imparato a conoscere anche in tv

«Andrè, troppe parole siciliane ci sono» scrive Sciascia ad Andrea Camilleri quando la Sellerio, di cui l’autore di Todo modo è consulente editoriale, sta finalmente decidendosi a pubblicare le sue prime opere. «Stai attento, eccedendo in dialetto ti tagli comprensione. Non dico dal punto di vista commerciale, lo dico dal punto di vista della trasmissione di un’idea».

Eppure Vigata, ormai, la conosciamo tutti e l’effetto che la miscela linguistica “camilleriana” provoca nel lettore è ben lontana dal, voluto, effetto straniante della narrativa sperimentale novecentesca. Si prenda il suo personaggio più noto, il commissario Montalbano: se c’è un termine che meglio descrive il rapporto che i lettori hanno creato con lui, è sicuramente quello di “familiarità”.

Proprio a questo proposito, l’ultimo volume che lo scrittore siciliano ha dato alle stampe, Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano, contribuisce, in continuità con il percorso iniziato con La prima indagine di Montalbano nel 2004, a creare affezione verso il commissario di Vigata il quale, dalla sua comparsa nel romanzo La forma dell’acqua del 1994, ha venduto oltre 15 milioni di copie e pubblicato più di venti titoli con la sola Sellerio. E certamente, la serie tv, pur stravolgendone alcune caratteristiche, ha decisamente partecipato a inserire il nostro funzionario pubblico piuttosto stravagante nell’immaginario collettivo degli italiani.

Questi racconti –qui che si rivela importante l’affezione – riescono a mettere a fuoco alcune questioni irrisolte della sua vita. Come il rapporto col padre, per esempio. Sapevamo come fosse stato piuttosto problematico, ma non se ne riuscivano a cogliere ragioni e sviluppi. C’è poi il rapporto con Livia, quello con Fazio e con Mimì Augello, con le donne particolari di cui il commissario è amico, ecc.

Il tempo di ogni indagine è ricavabile dai dati testuali che, con grande abilità, l’autore dissemina nei racconti. Si tratta di solito di eventi politici, sociali o culturali di grande impatto: l’attentato al Papa, l’omicidio Sindona, il telefilm La piovra, … Tutti risalgono a prima del 1996 quando, come si ricava da II ladro di merendine, il questore Burlando viene sostituito e il padre muore di cancro.

Più impulsivo ma già abitudinario, queste otto indagini ci rivelano un commissario poco diverso da quello che ormai conosciamo bene. Tutti i suoi caratteri peculiari a volte sono riportati in maniera un po’ stereotipata: la passione per la buona cucina di pesce, il gusto per il whiskey, l’irascibilità, l’intuizione geniale, l’incostanza, la metodicità individualista. E, spesso, le tipicità narrative della saga sono inserite come caratterizzazioni ricorrenti da commedia dell’arte: il medico legale, Pasquano, che solo davanti a una guantiera di cannoli di ricotta può valutare l’idea di mettere da parte la sua finta scontrosità; il vicecommissario Mimì Augello che conosce il catalogo e le vite delle donne più belle e disponibili del villaggio; l’ispettore capo, Fazio, che, con il suo «già fatto», è il solito solerte e indisponente miglior collaboratore del commissario; le due contrapposte televisioni locali, abilmente strumentalizzate da Montalbano, che sembrano ancora più radicate nelle loro rivalità politiche e “morali”.

Anche per quanto riguarda la lingua, poi, è come se Camilleri avesse preso dal suo campionario quegli stilemi caratteristici e li abbia montati seguendo lo schema generale della saga. Secondo un sistema che rende molto evidente lo strano rapporto che si crea nei romanzi polizieschi dello scrittore siciliano tra dialetto, pastiche, italiano letterario e italiani standard e neostandard.

Tutto ciò contribuisce a far sembrare ognuno di questi racconti un romanzo mancato. Non solo questo: spesso l’azione procede in maniera sbrigativa e la narrazione si fa sommaria. Un po’ come, insomma, si trattasse della traccia di romanzi che non sono stati scritti.

“Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano” di Andra Camilleri (Sellerio, pp. 320, 14 euro, ebook 9,99 euro)

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