I dilemmi di Bangla: kebab o lasagne, precetti islamici o desideri sessuali?

In Cinema

Diverte l’intelligente esordio in regia del 24enne Phaim Bhuiyan, anche protagonista del film accanto all’ottima debuttante Carlotta Antonelli. è suo il ruolo, alquanto autobiografico, di un giovane italiano di seconda generazione, originario del Bangladesh, che vive con la famiglia musulmana a Torpignattara, quartiere multietnico di Roma, lavora come guida in un museo e suona in una band. Il folgorante incontro con Asia aprirà per lui le porte a un nuovo mondo di esperienze e sentimenti

“Ecce Bangla”. Parafrasando il titolo del secondo lungometraggio di Nanni Moretti del ’78, diventato col tempo un vero e proprio film di culto giovanile, ecco quello originale e divertito di un giovane, Phaim Bhuijan, originario del Bangladesh ma nato e cresciuto in Italia, che porta sullo schermo le proprie esperienze di vita (la sceneggiatura è scritta a quattro mani con Vanessa Picciarelli) in una commedia sentimentale, fresca ed arguta, un romanzo di formazione, un’esplorazione adolescenziale del mondo, della vita, dell’amore, declinato nell’Italia multietnica di oggi. 

Bhuijan vive con la sua famiglia a Torpignattara, quartiere multietnico di Roma, lavora come stewart in un museo e suona in una band. Il folgorante incontro con Asia (l’ottima Carlotta Antonelli all’esordio sul grande schermo dopo varie partecipazioni a serie tv), una bella ventenne italiana e alternativa, lo porterà a sfidare i precetti dell’Islam e a mettersi in gioco. Scegliendo tra vivere secondo regole inviolabili o al contrario fuori dagli schemi. E decidere se seguire i precetti religiosi o i desideri sessuali.

La vita di Phaim è come lui la mette in scena, con evidente sincerità, forte di un’energia giovanile imbrigliata da quelle “àncore” familiari che pure non condanna. E se nella galleria in cui lavora, preoccupato di tutelare le opere d’arte, resta ingessato nel ruolo di chi è lì a dire di non avvicinarsi e non fare fotografie ai lavori, a casa egli stesso è protetto, racchiuso in una cappa familiare asfissiante. Sarà Asia coi suoi stimoli a provocare le prime incrinature, a cominciare da quando la ragazza si avvicina agli oggetti esposti, provocatoriamente suscitando l’allarme dei sensori. In un’esilarante gara di volontà e resistenza, Phaim si aggira per le strade del suo quartiere tra palazzi scrostati e murales, moderni beershop e frutterie sempre aperte, e intanto i sogni erotici s’infittiscono mentre in famiglia una madre autoritaria e una sorella promessa sposa non aiutano a sopportare la vita in quella zona di frontiera dove si mescolano l’odore di lasagne e quello del kebab.

Bhuiyan si mostra un regista spigliato, emancipato come il suo personaggio nella fase più matura. Usa uno stile accattivante fatto di continui passaggi onirici, momenti di interruzione del flusso narrativo e rottura delle convenzioni cinematografiche, parlando rivolto direttamente alla camera. Il film si chiude ancora con una soggettiva, dopo quella onirica dell’inizio, che non identifica però il protagonista. Ce ne andiamo, lo lasciamo in quel momento di intimità e ci congediamo chiudendo quella porta che è stata “incautamente” lasciata aperta. Che succederà? Una storia d’amore si può anche sospendere, se uno dei due partner deve andare a Londra. Succedeva allo stesso Woody Allen, alla fine di Manhattan: ci sono precedenti illustri.

Bangla evita accuratamente il politicamente corretto e i ricatti ideologici, ma non per questo tralascia l’idea di mettere in scena problematiche sociali come l’integrazione. Un piccolo miracolo di libertà espressiva e di misura nel quale si sorride, ci si interroga e si riflette. Nel film l’unico esplicito riferimento alla situazione politica è quello allo ius soli, che rappresentò un elemento forte di dibattito nelle scorse legislature. Forse perché la sceneggiatura è stata concepita prima della situazione attuale. Non si può non notare, comunque, che di fronte a un’Italia che chiude i porti, e nel melenso panorama del nostro cinema, una ventata di freschezza arrivi da uno straniero di seconda generazione. Perché la faccia di quel cappuccino mezzo bangla e mezzo italiano (così si autodefinisce Phaim all’inizio del film) è poi la nostra.

Bangla, di e con Phaim Bhuiyan, con Carlotta Antonelli, Alessia Giuliani, Milena Mancini, Simone Liberati, Pietro Sermonti