Austra e l’utopia di un futuro al femminile

In Musica

Questa sera all’Arci Biko arrivano gli Austra, il trio dream-pop canadese che tra synth e batteria elettronica combatte le distopie politiche

A quattro anni dall’acclamato Olympia – e a tre anni dal meno convincente EP Habitat– gli Austra tornano a sfornare musica, e lo fanno con un nuovo album, Future Politics, leggero negli arrangiamenti e impegnato nelle liriche. Utopie politiche, promesse infrante, fuga dal capitalismo moderno: questi gli ingredienti principali del mix, a cui aggiungere la musica elettronica, sognante e leggiadra tipica della band canadese che questa sera suonerà all’Arci Biko di Milano.

È soprattutto il percorso di vita della cantante e frontwoman Katie Stelmanis a dare l’impronta tematica più netta a questo lavoro, sia dal punto di vista musicale che da quello contenutistico.
 A metà del percorso di registrazione dell’album, la Stelmanis si è trasferita per un certo periodo a Città del Messico – “è come se fosse l’inferno e il paradiso allo stesso tempo” – alla ricerca di una nuova prospettiva e di una nuova linea di lavoro. L’ha trovata nella musica locale, nella cumbia, negli scrittori, artisti e architetti messicani. Su tutti, è forse il produttore latino Chancha Via Circuito il nome che più ha influito sulla visione musicale della band. Dal grigio e freddo Ontario al variopinto e caloroso Messico il salto sembra eccessivo, eppure l’Utopia delle Austra assume proprio i colori e le forme inclusive di questo mondo.

 

La seconda colonna su cui si fonda questo disco è una riflessione sulla politica globale, e in particolare sugli avvenimenti politici della seconda metà del 2016. Pensare che la scrittura dell’album sia stata terminata prima del risultato delle elezioni americane rivela una forte preoccupazione per una deriva politica quasi inevitabile verso l’enorme buco nero, e leggere ora il testo della title track fa un certo effetto:

I look ahead / And I think about it / There’s still a hole somebody /Needs to fill / I don’t want hear / That it’s all my fault / The system won’t help you when / Your money runs out / Realities beating, a grave has been dug / I’m looking for something / To rise up above / I’m never coming back here / There’s only one way / Future Politics

Il disco è stato pubblicato, in Canada e Stati Uniti, il 20 gennaio 2017, il giorno dell’insediamento ufficiale di Donald Trump alla Casa Bianca: una coincidenza troppo marcata per essere casual e per essere ignorata.

 

Sono parecchie le letture che hanno influenzato il disco dal punto di vista dei testi, per la prima volta interamente stesi dalla Stelmanis. C’è la sensibilità naturale e la ricercata spiritualità di E. E. Cummings, poeta americano del primo novecento, che si traduce in un’atmosfera perennemente leggera, sognante e perfino distante dal mondo corrotto di cui parla, un mondo sopra cui la musica degli Austra sembra librarsi per cercare una prospettiva più ampia e per abbracciare tutti.

E in questo senso forse l’influenza maggiore dal punto di vista lirico per Katie Stelmanis è la lettura del manifesto dell’Accelerazionismo – #Accelerate Manifesto – di Alex Williams e Nick Srnicek, i quali prevedono un futuro in cui la tecnologia sostituirà interamente il lavoro umano e di conseguenza renderà inutile la moneta, ponendo fine all’incubo del capitalismo post-moderno: una sorta di modernità alternativa al neoliberismo che, evidentemente, non ha portato i risultati sperati.

 

Ultimo elemento distintivo di questo disco, ed è forse quello più significativo, è la straordinaria affermazione della musica come massima espressione della forza del genere femminile. L’estro creativo della Stelmanis e la sua voce a metà tra lirica e pop – ma ci torneremo –, le batterie dritte e leggere di Maya Postepski sono frutto di una produzione tutta al femminile che coinvolge, oltre alle due musiciste, anche Heba Khadry, mastering engineer, e di Alice Wilder, fonico di studio. Entrambe hanno saputo “leggere” le sonorità della band canadese da una prospettiva diversa e senz’altro più soddisfacente, forse più per gli Austra stessi che per il loro pubblico.

Eppure, per quanto si discosti dai lavori precedenti e forse sia stato meno apprezzato da critica e fan rispetto a Olympia, Future Politics è un disco che si lascia ascoltare volentieri. Forse nel complesso risulta musicalmente troppo piatto e troppo uniforme, ma non è detto che questo sia un male: le melodie ci sono, i testi sono interessanti e intellettualmente provocatori. Sono tante le influenze che si sentono risuonare: dai Massive Attack, le cui atmosfere live sono una delle ispirazioni manifeste della Stelmanis, ai Portishead di Third, passando per artisti come Björk, Grimes o Florence & The Machine, per citare alcune delle voci femminili più interessanti del panorama musicale attuale. Panorama in cui le Austra si inseriscono benissimo.