Torna Alice, il cult fantasy dell’Elfo

In Teatro

Terza replica per lo spettacolo di Bruni & Frogia dedicato alla protagonista del capolavoro di Lewis Carroll, un viaggio sotterraneo nelle ombre dell’inconscio

Dal 13 dicembre 2016 fino all’8 gennaio 2017 nella Sala Shakespeare del Teatro Elfo Puccini è possibile tornare ad immergersi nel meraviglioso mondo di Alice Underground, lo spettacolo scritto, diretto e illustrato da Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, giunto alla terza stagione di repliche.

Una rivisitazione contemporanea e inusuale di quell’opera, che insospettabilmente sarebbe divenuta un classico della letteratura inglese, consacrando Lewis Carroll come una delle figure di riferimento nella storia della letteratura mondiale.

Una versione pop e audace che espliciti il “debito” che il mondo intero intrattiene nei confronti del personaggio di Alice; dalla letteratura successiva, alle arti figurative, dal cinema ai manga, dai fumetti di Batman alla musica dei Beatles e dei Pink Floyd, fino ad arrivare al teatro dell’assurdo, il mito di Alice (si può trovare a livelli stratificati) stravolto, deformato, adattato ad infinite interpretazioni.

Non dovette passare molto tempo dalla morte di Charles Lutwidge Dogson in arte Lewis Carroll, che molti intellettuali manifestarono il terrificante timore che la storia di Alice cadesse così celermente nelle “plumbee mani degli accademici più radicali” e che divenisse pertanto “ fredda e monumentale come un sepolto classico”. Lo spettacolo Alice Underground, il cui titolo resta fedele alla prima stesura del 1865 (Alice’s Adventures Underground ) scongiura questo distaccato razionalismo e per quanto ogni opera di “nonsenso” che si rispetti, si strutturi proprio attraverso una complessa stratificazione di simboli, rimandi allegorici e metaforici, non si assiste ad alcun eco rigidamente psicanalitico e referenziale.

La verosimiglianza dell’Alice di Bruni e Frongia, risiede nel fatto che ella non viene mai presa troppo sul serio; quella ragazzina di 7 anni e sei mesi, mora e pestifera, con le sneakers ai piedi e tutt’altro che vittoriana, non è acciuffata e messa a studiare, non impartisce lezioni di vita come una severa educatrice di maniera.

Il teatro dell’Elfo con questo spettacolo, si riconferma un vero e proprio laboratorio di sperimentalismi sfrenati con quell’approccio alla realtà trasgressivo, giovanile e mai banale. Assistiamo ad una scenografia che progressivamente si fa dimensione onirica e tridimensionale. Francesco Frongia, anima le oltre 300 illustrazioni ed acquerelli originali di Ferdinando Bruni trasformando lo spettacolo in un “cartone teatrale vivente” come una gigante lanterna magica contemporanea. Si abbatte ogni distanza tra gli attori e il pubblico che compartecipa organicamente e costantemente alla rappresentazione per ribadire il ruolo sociale e politico che l’ Elfo Puccini possiede sin dalla stesura del Manifesto degli anni 70’; gli attori non sono distanti da chi li va ad applaudire perché il “teatro deve essere solo un incontro tra esseri umani, e il resto serve solo a confondere” (Bergman).

 

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Così nel sortilegio transitorio della rappresentazione teatrale gli autori, senza funghi, biscotti e pozioni magiche ci allungano e ci accorciano come un “cannocchiale” per farci cambiare punto di vista, prospettiva e dimensione; per dimostrarci la non univocità tra ciò che siamo e come gli altri ci vedono. Il tempo va avanti e indietro e noi ci immedesimiamo, anche solo per un istante, in tutto ciò che Alice idealmente rappresenta. Bruni ci da una spintarella facendoci fantasticamente precipitare nella gigantesca tana “flessibile” di un coniglio bianco; viaggiamo sottoterra, nei terreni misteriosi e insicuri del sogno e dell’inconscio. Cresciamo, ci smarriamo in un luogo sospeso in cui torniamo bambini e cogliamo la vita nella sua totale irrazionalità; una storia di nonsenso raccontata da un “matematico idiota”.

Alice Underground, esprime infine una importante riflessione sul lavoro dello scrittore e dell’attore stesso e sull’insistente gioco nel teatro tra realtà e finzione.
Le maschere esistono sono a patto che il pubblico si prenda la virtuosa responsabilità di sospendere la propria incredulità. Gli attori e i personaggi, vivono perché noi decidiamo di infondergli la vita; perché li cerchiamo, gli crediamo e perché siamo veramente disposti ad ascoltarli.
Quindi, essere al mondo significa, in ultima istanza, saper stringere patti con gli unicorni.
Per questo Alice underground è un mistero e non lo è.

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